Il decadimento delle procedure di canonizzazione sotto Francesco

Fonte: FSSPX Attualità

In occasione della nuova commissione istituita nel Dicastero per le Cause dei Santi sotto la responsabilità del cardinale Marcello Semeraro, sorge un interrogativo sull'evoluzione – o meglio l'involuzione – del processo di canonizzazione sotto il pontificato di papa Francesco.

 

Questa involuzione è stata studiata in particolare da Roberto de Mattei e dal vaticanista Giuseppe Nardi. Consiste nell'uso della canonizzazione senza prendersi la briga di applicare il processo sapientemente messo in atto dalla Chiesa, su iniziativa di papa Urbano VIII (1623-1644), e chiarito dall'opera di Prospero Lambertini, papa Benedetto XIV (1740 -1758).

Questo processo è stato già stato gravemente impoverito dalla riforma di papa Giovanni Paolo II. Ma Francesco ha preso un'altra strada per attaccarlo al cuore. E questo in due modi.

Canonizzazioni equipollenti

Questa forma di canonizzazione riguarda persone venerate come santi dopo la morte, la cui fama di santità è stata costante e diffusa, e a cui sono attribuiti miracoli compiuti per loro intercessione nei secoli scorsi.

Quando ricorrono queste condizioni, il Papa può, di propria autorità, con decreto pubblico, senza processo né cerimonia di canonizzazione, procedere ad una canonizzazione "equipollente", cioè estendere alla Chiesa universale il culto liturgico in onore dei beati.

Ci sono state solo 12 canonizzazioni equipollente nei primi 1.700 anni di storia della Chiesa. La maggior parte riguardava i fondatori di ordini: San Romualdo, fondatore dei Camaldolesi; San Norberto di Xanten, fondatore dei Premostratensi; San Bruno, fondatore dei Certosini; o San Pietro Nolasco, fondatore dell'Ordine di Santa Maria della Mercede .

Negli ultimi 300 anni, fino a Francesco, ci sono state 17 canonizzazioni di questo tipo, tra cui San Pier Damiani e gli Apostoli slavi, San Cirillo e Metodio. Una fu di Giovanni Paolo II che canonizzò tre sacerdoti uccisi dai calvinisti ungheresi, e un altra di Benedetto XVI.

Durante i primi 14 mesi del suo pontificato, papa Francesco ha utilizzato questa forma sei volte, in particolare per Giovanni XXIII, per il quale si affermava che il Concilio Vaticano II lo avesse già canonizzato "per acclamazione". La stessa nozione di canonizzazione equipollente in questo caso perde di significato, perché i criteri fissati da Benedetto XIV non sono soddisfatti.

Una nuova forma di martirio

L'11 luglio 2017 papa Francesco, con il motu proprio Maiorem hac dilectionem, ha introdotto un nuovo modo di essere designato martire: l'"oblatio vitae" o "offerta della vita", che è singolare, perché il martire, per definizione, deve essere stato ucciso in odio della fede.

Lo stesso giorno, monsignor Marcello Bartolucci, segretario della Congregazione per le Cause dei Santi, ha spiegato su L'Osservatore Romano che ora c'è una quarta via per la canonizzazione, oltre alle tre già esistenti, il martirio, le virtù di grado eroico , e la canonizzazione equipollente. Questa quarta via è "l'offerta della vita".

Il nuovo percorso è descritto da Roberto de Mattei nel suo articolo "Il nuovo pantheon dei martiri di papa Francesco", sul sito di Corrispondenza Europea. Giustamente fa notare che il nesso tra fede e martirio non è più stabilito. L'esempio caratteristico è quello della "canonizzazione" di mons. Oscar Romero di El Salvador.

Mons. Vincenzo Paglia, postulatore della causa, riassume: "L'arcivescovo di El Salvador non è stato ucciso da persecutori atei perché ha dovuto negare la fede nella Trinità. Fu assassinato dai cristiani perché voleva che il Vangelo fosse vissuto nella sua profonda intuizione del dono della vita". 

La porta aperta

Il prof. de Mattei mostra la politicizzazione delle procedure di canonizzazione quando non sarà più necessario subire la morte in odium fidei, ma ad esempio come "conseguenza di una decisione politica al servizio dei poveri, degli immigrati e delle 'periferie' della Terra".

I preti guérilleros degli anni '70 e '80, morti "al servizio delle rivoluzioni politiche", possono essere beatificati? O anche tutti i soldati che sono caduti per il loro paese? E soprattutto, questo limite si fermerà ai confini della Chiesa o questa "offerta della vita" si applicherà agli altri cristiani, alle altre religioni, o anche alle ideologie?

La risposta forse la darà la Commissione dei Testimoni della Fede, istituita all'interno del Dicastero per la causa dei santi, poiché il cardinale Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero, ha già presentato come buon candidato il pastore Dietrich Bonhoeffer. 

Con tali principi, anche gli eresiarchi hanno la loro possibilità. Ma se fosse necessaria una nuova prova della profonda deviazione del processo di canonizzazione dal Concilio Vaticano II, questa è ora presente.