Italia: l'episcopato tace di fronte al dibattito sull'aborto

Fonte: FSSPX Attualità

In Italia, un disegno di legge prevede di includere le attività delle associazioni pro-vita nei centri medici. Una proposta che provoca le ire degli ambienti progressisti, mentre l'episcopato tace.

La vita è dura in politica per chi vuole assumere valori conservatori e cattolici. Anche quando sei donna. In Italia, il presidente del Consiglio lo sperimenta quasi ogni settimana: Giorgia Meloni è attualmente sotto l'attacco di chi l'accusa di aver violato il "diritto" all'interruzione volontaria della gravidanza (IVG).

Il governo della presidente di Fratelli d'Italia desidera infatti incentivare l'attività delle associazioni pro-vita nelle strutture sanitarie italiane. La legge che dal 1978 autorizza l'aborto fino al terzo mese di gravidanza, prevede che le donne interessate ottengano preliminarmente un certificato medico rilasciato dal medico curante o presso un centro di pianificazione familiare.

Tuttavia, il disegno di legge attualmente in discussione al Parlamento italiano, votato in prima lettura dalla Camera il 17 aprile 2024, dovrebbe consentire alle associazioni che lottano contro l'aborto di intervenire direttamente nei centri che rilasciano le autorizzazioni.

Il vicepremier, incaricato di disinnescare le polemiche, assicura che il nuovo provvedimento non è destinato a modificare la "legge 194" sulla legalizzazione dell'aborto. Antonio Tajani la vede piuttosto come una mancanza di criminalizzazione di "chi è contro l'aborto". E aggiunge che su questioni di questo tipo la "libertà di coscienza" sarà "sempre consentita”.

Non sorprende che questa misura, che sarà finanziata dal fondo di ripresa post-Covid dell’UE – di cui l’Italia è il maggiore beneficiario – sia stata denunciata dall’opposizione progressista. Marco Furfaro, deputato del Partito Democratico, deplora sul quotidiano La Repubblica una situazione "molto grave", che "rappresenta uno schiaffo in faccia alle donne, ai loro diritti e alla loro autodeterminazione".

Ma la Chiesa italiana resta in silenzio. Mentre il Dicastero per la Dottrina della Fede denunciava recentemente "una pericolosa crisi del senso morale nell'accettazione dell'aborto nelle mentalità, nei costumi e nello stesso diritto", sarebbe stato normale che i vescovi italiani accorressero in aiuto del governo . Tanto più che il cardinale Pietro Parolin ha appena manifestato il suo sostegno "a tutti gli strumenti che possano contribuire ad affermare il diritto alla vita".

Un articolo pubblicato il 18 aprile su Il Quotidiano Nazionale suggerisce che la riluttanza dei vescovi potrebbe essere collegata alle tensioni che esistono tra alcuni dei principali gruppi pro-vita del Paese e la leadership della Conferenza episcopale italiana (CEI), il cui presidente è il cardinale Matteo Zuppi, uomo di fiducia dell'inquilino di Santa Marta.

In effetti, il gruppo Pro Vita e Famiglia, che sarebbe il primo a beneficiare della futura legge in discussione, è poco apprezzato sotto l'attuale pontificato, che poco gradisce l'organizzazione di silenziosi "sit in" attorno agli stabilimenti dove si pratica l'aborto, per non parlare della sua esplicita opposizione al matrimonio per tutti.

In particolare, una decina di anni fa, mons. Nunzio Galantino, allora segretario generale della CEI e vicino al pontefice argentino, non esitò a criticare pubblicamente lo "stile" di questa organizzazione. Una riluttanza meno condivisa nel settore civile.

A fine 2022, infatti, il Piemonte ha stanziato 400mila euro a favore delle associazioni pro-vita. Quanto ai medici, sono fortemente contrari all'aborto: la percentuale dei medici obiettori di coscienza si aggira intorno al 70%, e sale a oltre l'80% nel Lazio e nel Sud del Paese (87% in Sicilia e 93% in Molise). 

Il numero degli aborti è così sceso da 230.000 nel 1980 a meno di 64.000 nel 2021. Questa situazione viene regolarmente denunciata in modo angosciato o minaccioso dai progressisti di tutti i paesi, e il governo Meloni è ripetutamente accusato di peggiorare il rifiuto dell'aborto. Il silenzio dei vescovi è ancor meno spiegabile.