Il cardinal Zuppi di Bologna nuovo presidente della Conferenza episcopale italiana

27 Maggio 2022
Fonte: fsspx.news
Cardinal Matteo Zuppi

Il 24 maggio il Papa comunicava ai vescovi italiani, riuniti in conferenza all’hotel Hilton di Fiumicino, presso Roma, che aveva nominato il nuovo Presidente della Conferenza episcopale italiana. Scegliendo tra una terna di nomi presentati dai vescovi stessi, il Papa ha dato l’incarico al Cardinale Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna dal 2015.

Zuppi è stato immediatamente presentato dalla stampa italiana come una scelta in linea con la preferenza per i poveri e gli emarginati, lontano da schemi di potere e dagli interessi politici che vengono attribuiti abitualmente alla Conferenza episcopale italiana, almeno per chi pensa alla linea seguita ai tempi del Cardinal Ruini. Inoltre, Zuppi è presentato come un fedelissimo di Francesco e magari come un suo potenziale successore.

Cosa pensare di una simile presentazione? Il cardinal Zuppi non è né un ingenuo né estraneo al potere reale, checché ne dica la stampa di sinistra e per quanto egli si voglia presentare in modo semplice e dimesso, come un povero prete di strada.

Una carriera con la potente Comunità Sant’Egidio

Zuppi è, per parte di madre, nipote del cardinal Confalonieri, potente prefetto della Congregazione concistoriale (poi Congregazione dei Vescovi) sotto Giovanni XXIII e Paolo VI. Nel 1973, ancora studente, si lega ad Andrea Riccardi, nella nascente Comunità Sant’Egidio, che avrebbe come scopo di occuparsi dei poveri e dei derelitti, e che in pochi anni diventerà una potenza politica ed ecclesiale, con tendenze chiaramente progressiste.

Da sacerdote, come vicario e poi parroco di Santa Maria in Trastevere per 29 anni, Zuppi sarà al centro delle attività della Comunità Sant’Egidio, che non si limitano all’organizzazione di tavolate per i poveri all’interno della basilica. Non va dimenticato che è alla Sant’Egidio che si deve l’organizzazione del primo grande incontro interreligioso per la pace ad Assisi, nel 1986, voluto da Giovanni Paolo II, dove la vera religione ed il papato furono umiliati e messi sullo stesso piano del paganesimo e dell’eresia. A questo primo incontro ne seguirono innumerevoli altri, fino ai giorni nostri, sempre con il coinvolgimento della Comunità.

Punto di riferimento del progressismo “cattolico” in Italia e non solo, la Comunità è ormai un influente organismo internazionale (celebre è il trattato di pace firmato nel 1992 in Mozambico grazie alla mediazione della Sant’Egidio, cui Zuppi partecipa personalmente). Un rilevante ruolo lo ha avuto la Comunità anche nell’accordo sino-vaticano del 2018, celebrato dallo stesso Riccardi in un editoriale sul Corriere della sera.

Il potere della Comunità in Italia è tale che Riccardi stesso è stato nel 2012 Ministro della cooperazione internazionale, e candidato della sinistra come Presidente della Repubblica nel gennaio di questo anno. Da ministro egli ha portato avanti la proposta di concedere la cittadinanza italiana per ius soli ai figli degli immigrati nati in Italia. Altri membri della comunità hanno occupato ed occupano ruoli rilevanti nei diversi governi italiani di centro-sinistra o di coalizione, oltre che in molte cariche degli enti governativi e diplomatici.

Non è qui il caso di enumerare le relazioni di potere della Comunità e dei suoi membri con la sinistra italiana, riscontrabili su qualsiasi giornale. La Comunità gode per questo di eccellente reputazione mediatica. La carriera di Zuppi è quindi legata al potentissimo gruppo cui appartiene, espressione del progressismo “cattolico” più classico.

Vescovo di strada o dei palazzi del potere?

Dopo due brevi anni come parroco a Torre Angela, periferia romana abbandonata, fu Benedetto XVI a scegliere Zuppi come vescovo ausiliare di Roma (responsabile però del Centro storico, dove stanno i palazzi del potere, non i poveri delle periferie) nel 2012, aprendogli le porte per la futura carriera che lo vide pochi anni dopo Arcivescovo di Bologna e Cardinale nel 2019 (con il titolo di Sant’Egidio, appunto). Va notato che Bologna è l’unica sede italiana tradizionalmente “cardinalizia” che Papa Bergoglio ha mantenuto come tale, preferendo far cardinali i vescovi italiani di città “minori”.

Il cardinal Zuppi è quindi gradito al Pontefice, e non solo. La sua nomina a presidente della CEI è stata accolta con entusiasmo anche dal rabbino di Roma Di Segni, e dal gesuita James Martin, noto sostenitore della causa dei cattolici LGBT. L’edizione italiana del di lui libro “Un ponte da costruire”, dedicato all’integrazione del mondo omosessuale nella Chiesa, ha avuto infatti la prefazione dell’arcivescovo di Bologna.

Da vescovo a Roma egli celebrò un pontificale tridentino alla Trinità dei Pellegrini, e da cardinale dei vespri solenni al seminario di Gricigliano. Le comunità ex Ecclesia Dei non si pongono evidentemente problemi sulla dottrina dei vescovi che invitano; ed il rito tridentino, purché slegato dalla fede che dovrebbe esprimere, non pone alcun problema ai membri più progressisti della gerarchia.

Sinodalità e futuro della Chiesa in Italia

Alla sua nomina, il cardinale ha dichiarato di affidare alla Madonna tutta la Chiesa, rappresentata all’assemblea generale della CEI anche dai “tanti referenti e tanti laici, un pezzo di sinodalità che è entrato dentro la collegialità”. In linea con Francesco, Zuppi ci mostra che la sinodalità non è una semplice applicazione della collegialità conciliare, ma l’integrazione dei laici nel governo della Chiesa, in nome del principio (erroneo) di uguaglianza fra tutti i battezzati.

La nomina di Zuppi a presidente della CEI non rappresenta dunque la vittoria della Chiesa “dei poveri e degli esclusi”, come sembra dire la stampa italiana, ma quella di una precisa e ben identificabile lobby di potere, strettamente connessa al progressismo italiano ed internazionale.

Una scelta politica ben precisa, che – possiamo prevedere – vedrà il futuro della Chiesa italiana (ancor più) impegnato nella lotta per i diritti dei migranti e degli “esclusi” di vario “genere”: se il cardinal Bassetti (presidente uscente della CEI) si era soprattutto distinto per il suo atteggiamento passivo, con Zuppi vedremo i vescovi italiani di nuovo in piena attività “politica”: purtroppo però, a favore delle cause peggiori.