Il futuro preside dell'Istituto Giovanni Paolo II e le sue posizioni morali

23 Aprile 2021
Fonte: fsspx.news
Mons. Philippe Bordeyne

Il 19 marzo 2021, la nomina del nuovo Preside dell'Istituto Giovanni Paolo II è stata ufficialmente annunciata da Mons. Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita e Gran Cancelliere dell'Istituto Giovanni Paolo II.


 

 

Si tratta di monsignor Philippe Bordeyne, rettore dell'Istituto cattolico di Parigi, che assumerà l'incarico il prossimo settembre, al posto di mons. Pierangelo Sequeri.

Mons. Paglia ha affermato che il nuovo preside avrà la responsabilità di rendere l'Istituto "ancora più universale", perché la teologia della famiglia e tutta la ricerca ad essa associata è "decisiva per la Chiesa cattolica, ma anche per le altre chiese, le altre religioni e per la cultura umanista che necessita di un'attenta e approfondita riflessione accademica sul tema della famiglia e della vita".

Mons. Bordeyne dovrà soprattutto lavorare per fermare l'attuale declino dell'Istituto: secondo La Croix international del 19 marzo "alcuni corsi hanno perso il 90% degli studenti, mentre altri sono stati cancellati a causa del numero insufficiente di studenti. Pertanto, la sfida più grande dell'Istituto è attrarre nuovi studenti e aumentare le iscrizioni".

È certo che la fiducia non regna all'interno di questa istituzione i cui statuti sono stati riscritti e i cui docenti sono stati sospesi nel 2019. Un'epurazione operata da mons. Paglia e che mirava, scrive Jeanne Smits sul suo blog l'11 marzo, "a mettere da parte l'approccio metafisico dell'Istituto originario per adottare un punto di vista più pratico e sociologico, contrapponendo le 'domande reali' all' 'idealismo astratto', come dice La Croix international".

Contro il "triangolo piccolo-borghese"
Mons. Bordeyne è l'ideale per promuovere le idee di Papa Francesco sul matrimonio; è autore di un libro dal titolo Divorcés remariés : ce qui change avec François  [Divorziati risposati: cosa cambia con Francesco] (Salvatore, 2017), scritto insieme a don Juan Carlos Scannone, gesuita argentino morto nel 2019, padre della "teologia del popolo" a è cui legato il Papa.

Mons. Bordeyne ha avuto un ruolo importante durante il Secondo Sinodo sulla Famiglia, nel 2015: è stato nominato da Francesco tra i 23 esperti che hanno consigliato i Padri sinodali e guidato le loro discussioni.

In un'intervista a La Croix dell'8 aprile 2016, Philippe Bordeyne descrive così la visione della famiglia del Papa: "Mi colpisce la sua insistenza sul carattere sociale della persona. Tradizionalmente, la Chiesa presenta la famiglia come 'l'unità fondamentale della società', una formula piuttosto astratta. Papa Francesco mostra concretamente come sia un microcosmo dove tutti conoscono la vita nella società: attraverso la tenerezza materna, attraverso la magnanimità del padre ..."

"Le sue formule parlano da sole: 'La madre che protegge il bambino con affetto e compassione, (...) lo aiuta a vivere il mondo'. La società ha bisogno della famiglia - che non si ferma al triangolo piccolo-borghese di padre, madre e figli (sic) - perché è il luogo in cui ogni individuo cresce come persona in relazione. Disprezzare famiglie diverse sarebbe anche disprezzare questo lavoro di socializzazione" - Queste 'famiglie diverse' sono infatti unioni coniugali: convivenze, famiglie ricostituite e coppie dello stesso sesso con figli.

Nel 2017, intervistato su Sel et Lumière TV, ha così presentato la sua attività teologica: "Il teologo morale è prima di tutto un tuttofare", che guarda alle situazioni personali piuttosto che agli ideali morali.

Riguardo al capitolo 8 di Amoris laetitia, sui divorziati risposati, in particolare quelli che hanno figli con il loro nuovo partner, Mons. Bordeyne risponde: "Non possiamo chiedere alle persone l'impossibile. Non possiamo chiedere alle persone di separarsi, perché sarebbe un altro errore: chiederemo loro di costruire il futuro con Dio. E quindi chiediamo loro di valutare la qualità di questa nuova unione".

E aggiunge: "Il realismo di Francesco, il realismo del cristiano, è guardare a ciò che Dio sta facendo nella nostra vita in modo che, mentre c'è l'irreversibile, possiamo ugualmente continuare ad andare avanti. (...)"

"Il Papa dice: nel discernimento personale e pastorale per queste persone, bisogna prima guardare a ciò che fanno oggi per rispondere alle chiamate di Dio. Non alle chiamate impossibili di Dio! Non alle chiamate di Dio a restare fedeli alla prima unione: sono passati vent'anni da quando è morta! Ma alle chiamate di Dio oggi".

Jeanne Smits, che cita questo estratto dell'intervista, commenta molto giustamente: "Sì, il futuro rettore di quello che un tempo era l'Istituto Giovanni Paolo II per il matrimonio e la famiglia, in fondo dice che un matrimonio indissolubile può essere considerato morto, e che la chiamata di Dio ad essere fedeli, in suo nome, al proprio impegno irreversibile nei confronti del coniuge legittimo, o non esiste o a un certo punto non deve essere ascoltata".

Per una morale coniugale facoltativa
Sul tema dell'enciclica Human Vitae e dell'insegnamento della Chiesa sulla contraccezione, Mons. Bordeyne è decisamente progressista. Su Settimo Cielo, Sandro Magister pubblica una nota di Thibaud Collin, professore di filosofia allo Collège Stanislas di Parigi e autore del libro Le mariage chrétien a-t-il encore un avenir ? (Artège, 2018).

Possiamo leggere questa citazione di Philippe Bordeyne tratta da un testo scritto in occasione dei sinodi della famiglia del 2014 e 2015: "L’enciclica ‘Humanae vitae’ insegna che i metodi naturali di controllo della fecondità sono i soli leciti. Bisogna tuttavia riconoscere che la distanza tra la pratica dei fedeli e l’insegnamento del magistero si è ancor più scavata. Si tratta di semplice sordità ai richiami dello Spirito oppure è il frutto di un lavoro di discernimento e di responsabilità nelle coppie cristiane sottoposte alla pressione di nuovi modi di vita?" (sic)

"Le scienze umane e l’esperienza delle coppie ci insegnano che i rapporti tra desiderio e piacere sono complessi, eminentemente personali e dunque variabili secondo le coppie, ed evolvono nel tempo e all’interno della coppia. Davanti all’imperioso dovere morale di lottare contro le tentazioni dell’aborto, del divorzio e della mancanza di generosità di fronte alla procreazione, sarebbe ragionevole rimettere il discernimento sui metodi di regolazione delle nascite alla saggezza delle coppie, mettendo l’accento su un’educazione morale e spirituale che permetta di lottare più efficacemente contro le tentazioni in un contesto spesso ostile all’antropologia cristiana."

E ancora: "In questa prospettiva, la Chiesa potrebbe ammettere una pluralità di cammini per rispondere all’appello generale a mantenere l’apertura della sessualità alla trascendenza e al dono della vita. […] La via dei metodi naturali che implica la continenza e la castità potrebbe essere raccomandata come un consiglio evangelico, praticato dalle coppie cristiane o non, che richiede la padronanza di sé nell’astinenza periodica."

"L’altra via la cui liceità morale potrebbe essere ammessa, con la scelta affidata alla saggezza degli sposi, consisterebbe nell’usare dei metodi contraccettivi non abortivi. Se gli sposi decidono d’introdurre questo medicamento nell’intimità della loro vita sessuale, sarebbero incoraggiati a raddoppiare il loro mutuo amore (sic). Quest’ultimo è il solo a poter umanizzare l’uso della tecnica, al servizio di un’ecologia umana della generazione (sic)" (Synode sur la vocation et la mission de la famille dans l’Eglise et monde contemporain. 26 théologiens répondent, Bayard, 2015, pp. 197-198).

Comprendiamo il suggerimento pertinente di Thibaud Collin alla fine della sua nota: "l’Istituto Giovanni Paolo II, in piena emorragia di studenti, dovrebbe per onestà intellettuale cambiare di nome. Lo si potrebbe chiamare, per esempio, Istituto 'Amoris laetitia'."