Birmania: la giunta militare prende di mira una chiesa

Fonte: FSSPX Attualità

Cardinal Charles Maung Bo

Il cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Rangoon e presidente della Conferenza episcopale birmana, ha appena lanciato un urgente appello per la pace, all'indomani del terribile attentato che ha colpito la chiesa del Sacro Cuore di Kayanthayar, nella notte del 23 maggio, 2021.

"Si tratta di un'enorme tragedia umanitaria, tutto questo deve finire". Il cardinale Charles Bo parla severamente il 25 maggio 2021 per denunciare i soprusi dell'esercito birmano nella chiesa del Sacro Cuore di Kayanthayar, nell'est del Paese.

Secondo le informazioni raccolte dai missionari gesuiti presenti in Birmania, "gli abitanti del villaggio credevano che la chiesa parrocchiale sarebbe stata un luogo dove poter ospitare le persone in fuga, ma, tragicamente, non è stato così".

Infatti, nella notte tra il 22 e il 23 maggio, "i soldati hanno attaccato il villaggio con colpi di artiglieria, con l'obiettivo di colpire sospetti gruppi ribelli", hanno continuato i gesuiti. Il bilancio è pesante: quattro morti, otto feriti.

Secondo l'agenzia Asianews, l'attacco dell'esercito birmano mirava a vendicare la morte di venti soldati uccisi da milizie armate di etnia Karen, che - insieme ad altre minoranze etniche come i Chin, gli Shan e i Kachin - si sono opposte alla giunta birmana dal colpo di stato del 1° febbraio.

"Le vittime sono civili innocenti (…) che erano all'interno della chiesa per proteggere le loro famiglie. (…) Tutto questo deve finire", ha protestato il rappresentante della Chiesa cattolica birmana, il quale ha sottolineato che per la prima volta è stato preso di mira un luogo di culto cattolico, in flagrante violazione del diritto internazionale.

Il 1° febbraio 2021 la giunta militare ha segnato il quarto colpo di stato della storia del Paese dalla sua indipendenza nel 1948. Contestando il risultato delle elezioni legislative del 2020, vinte ancora una volta dal partito di Aung San Suu Kyi, che è stato rovesciato dall'esercito.

Ma un movimento di disobbedienza civile ha preso piede. Diverse centinaia di migliaia di manifestanti marciano attraverso le principali città birmane per respingere questo colpo di stato e chiedere il rilascio di "Madre Suu".

A poco a poco il malcontento si trasforma in una guerra civile ed etnica che l'esercito birmano reprime nel sangue. In questo conflitto la Chiesa cattolica, fortemente minoritaria ma generalmente ascoltata, si trova ora in prima linea.