Dossier speciale: “Traditionis custodes” (3)

Fonte: FSSPX Attualità

Pontificia Università Sant'Anselmo

Seconda parte. La questione di fondo: la messa di Paolo VI è la messa del Concilio

Nel Motu proprio Traditionis custodes, papa Francesco attua tutta una serie di provvedimenti destinati a circoscrivere la messa tridentina, con l'auspicio di farla scomparire ad esclusivo beneficio della messa di Paolo VI.

Tale inesorabilità spinge a porre domande: la prima ha messo in dubbio le motivazioni, esposte o nascoste, fornite nella lettera di presentazione. La seconda affronta la questione di fondo: il legame tra il Concilio e il novus ordo.

La questione fondamentale non è l'unità della Chiesa, come afferma il motu proprio. Questa unità è seriamente minata - dottrinalmente e moralmente - dagli atti e dalle dichiarazioni di Francesco: comunione concessa caso per caso ai divorziati "risposati" da Amoris laetitia (19 marzo 2016), dichiarazione interreligiosa di Abu Dhabi co-firmata con il grande Imam di Al-Azhar (4 febbraio 2019), venerazione idolatrica della Pachamama in Vaticano durante il Sinodo sull'Amazzonia (4 ottobre 2019)…

Come mostra molto chiaramente don Davide Pagliarani, Superiore Generale della Fraternità San Pio X, in una lettera inviata il 22 luglio 2021, a sacerdoti e fedeli, si tratta principalmente di una questione di fede: la Messa tridentina esprime e trasmette una concezione di vita cristiana e, di conseguenza, una concezione della Chiesa assolutamente incompatibile con l'ecclesiologia risultante dal Concilio Vaticano II.

"Il problema non è semplicemente liturgico, estetico o puramente formale. Il problema è al tempo stesso dottrinale, morale, spirituale, ecclesiologico e liturgico. In una parola, è un problema che coinvolge tutti gli aspetti della vita della Chiesa, nessuno escluso: è una questione di fede."

E aggiunge: "La battaglia di questi ultimi cinquant’anni, che il 16 luglio scorso ha effettivamente conosciuto un momento significativo, non è la guerra tra due riti: è in tutto e per tutto la guerra tra due concezioni differenti ed opposte della Chiesa e della vita cristiana, assolutamente irriducibili ed incompatibili tra loro."

"Parafrasando sant’Agostino, si potrebbe dire che le due messe edificano due città: la Messa di sempre ha edificato la città cristiana, la nuova messa tenta di edificare la città umanista e laica."

E afferma la necessità di una scelta fondamentale: "Nessuno può mettere in dubbio che in questi ultimi anni, numerosi sacerdoti e numerosi fedeli abbiano scoperto questa Messa, e che tramite di essa si siano avvicinati a un nuovo orizzonte spirituale e morale, che ha aperto loro la via della santificazione delle proprie anime."

"Le ultime disposizioni prese contro la Messa obbligheranno queste anime a trarre tutte le conseguenze di ciò che hanno scoperto: ora si tratta per loro di scegliere – con gli elementi di discernimento che hanno a disposizione – ciò che si impone a ogni coscienza cattolica ben formata."

"Molte anime si troveranno di fronte a una scelta importante in materia di fede, perché – lo ripetiamo – la Messa è l’espressione suprema di un universo dottrinale e morale. Si tratta dunque di scegliere la fede cattolica nella sua integrità e tramite questa Nostro Signore Gesù Cristo, il suo sacrificio, la sua regalità. Si tratta di scegliere il suo Sangue, di imitare il Crocifisso e di seguirlo fino in fondo, con una fedeltà intera, radicale e consequenziale."

Il 19 luglio, don Jean-Michel Gleize, professore di ecclesiologia al Seminario San Pio X di Ecône, scriveva su La Porte Latine: "L'iniziativa del Papa non sorprende. Ha anche senso. E ci si potrebbe chiedere se non fosse inevitabile. Perché la situazione dei due riti, quello di San Pio V e quello di Paolo VI, è proprio quella descritta nel recente Motu proprio Traditionis custodes: situazione di una convivenza impossibile, proprio sul piano dei principi liturgici."

"Al di là delle situazioni di fatto e dello stato infinitamente variabile, pacifico o conflittuale, che riguarda le persone, c'è fondamentalmente un'opposizione formale di dottrina tra la messa di San Pio V e il nuovo rito di Paolo VI. Perché la liturgia è un luogo teologico. Il divario tra le due liturgie corrisponde a un abisso, che separa due concezioni della Chiesa e della fede."

E chiarisce: "Francesco è molto più logico di Benedetto XVI secondo il detto che vede la legge del credo alla base della legge della preghiera, lex orandi, lex credendi. Se la nuova fede è quella del Concilio Vaticano II, la nuova liturgia che ad essa deve corrispondere non può che essere quella della nuova messa di Paolo VI, e non quella della vecchia messa che è espressione di una dottrina contraria su più di un punto a quella del Vaticano II. […]"

"Infatti, il rito tradizionale della messa è l'espressione compiuta e necessaria della fede della Chiesa, in contrapposizione a un nuovo rito che (secondo lo stesso Breve esame critico) ne si discosta in modo impressionante sia nel complesso che nei dettagli. […]"

"Benedetto XVI ha voluto, per la stessa lex orandi, due espressioni, una delle quali (quella della messa di San Pio V) sarebbe stata straordinaria rispetto all'altra (quella della nuova messa di Paolo VI). Benedetto XVI ha quindi introdotto nella liturgia della Chiesa l'impossibile dualismo di un biritualismo, un dualismo impossibile al livello stesso dei principi della liturgia."

Conferma di due conciliari

Se occorre, ecco la conferma di un convinto progressista, Andrea Grillo, professore di teologia sacramentale alla Pontificia Università Sant'Anselmo a Roma, militante attivo per la soppressione del Summorum pontificum.

Dal 21 gennaio 2019 ha pubblicato sul sito Munera un articolo dal titolo "Il peccato dell'Ecclesia Dei si chiama Summorum pontificum”, dove si leggeva: "il cuore della questione e il principio della distorsione era costituito dal “Motu proprio” Summorum pontificum, che ha introdotto un parallelismo di forme rituali all’interno della vita della Chiesa, con la pretesa di non toccarne la dottrina e di non minare la riforma liturgica."

Afferma logicamente: "La soluzione “universale”, introdotta con una forzatura dottrinale e giuridica da Summorum Pontificum, genera una chiesa non “universa”, ma “introversa” e contraddice gravemente le decisioni del Concilio Vaticano II, che ha chiesto esplicitamente la riforma di quel rito che Summorum Pontificum vorrebbe rendere universalmente accessibile." 

"Questo è il vero nodo della questione. Qui sta il peccato che ha portato alla soppressione dell'Ecclesia Dei. E che dovrà condurre ad una ridefinizione della disciplina, che restituisca alla questione dottrinale la sua centralità e ai vescovi diocesani la competenza per ogni decisione che faccia eccezione alla vigenza di un’unica forma del rito romano, così come voluta dal Concilio Vaticano II e dalla Riforma liturgica ad esso successiva, che deve essere riconosciuta “irreversibile” tanto sul piano dottrinale quanto sul piano disciplinare."

E per buona misura, ecco un'altra conferma data dall'accademico Grégory Solari, intervistato da cath.ch il 18 luglio, per il quale la Messa tridentina riflette una "ecclesiologia arcaica che non fa più riferimento a nessuna realtà ecclesiale esistente".

Precisa: "Quindi non è un problema di latino... né di rito, né tanto meno di messa, ma di visione della Chiesa, poiché la liturgia costituisce lo specchio della Chiesa."

"Dietro la convivenza di due forme, infatti, troviamo la competizione, se non di due Chiese, almeno di due rappresentazioni della Chiesa, del suo governo, del suo rapporto con il mondo, del rapporto tra pastori e battezzati, ecc."

"Nella visione tridentina, il sacerdote deve anzitutto vigilare sulla santificazione dei fedeli mediante la distribuzione dei sacramenti. Di qui la centralità del sacerdote, del sacerdozio sacramentale, la bipartizione accuratamente ripartita tra la navata e i semplici fedeli e il presbiterio riservato ai chierici."

"Il Concilio Vaticano II si concentra sulla “comunione”, con le nozioni di Popolo di Dio, sacerdozio battesimale, partecipazione attiva, a cui si aggiunge oggi la sinodalità, ecc. La liturgia è il “momento della verità” della comunità. Deve essere la testimonianza, l'espressione della sua missione, missione che si radica non nel sacramento dell'ordine, ma nel battesimo."

"Ora il rito tridentino, nella struttura del messale del 1962, non mi sembra capace di esprimere il carattere centrale della grazia battesimale, come si trova ribadito dal Vaticano II. - Qui ha il merito ddi essere chiaro.

Di conseguenza, Grégory Solari non può che giustificare la severità del Papa: "È motivata soprattutto da ragioni ecclesiologiche. Ancora una volta, non si capisce nulla del gesto del Papa se non si vede che un provvedimento pastorale (il decreto del 2011) ha reso possibile - se non di fatto, almeno di tendenza - la costituzione di entità ecclesiali tentate da un crescente potere."

"Il ristabilimento dei libri liturgici tridentini ha gradualmente fatto risorgere una Chiesa che non esiste più. Ma papa Francesco lo ripete spesso: il tempo è più importante dello spazio. Non è nel passato che troveremo soluzioni per annunciare Cristo oggi."- Non è vero, ma è chiaro.