I 50 anni della nuova messa: le nuove preghiere eucaristiche (1)
Le martyre de saint Hippolyte
Il 23 maggio 1968 la Congregazione dei Riti pubblica la prima parte della riforma liturgica sotto forma di tre nuove preghiere eucaristiche, ovvero tre nuovi canoni della Messa, oltre al veneratissimo canone romano. Vecchi prefazi furono presi anche da antichi sacramentari.
I canoni del nuovo messale sono quattro. Il primo è la ripresa quasi identica dell'antico canone romano. Padre Louis Bouyer, membro della sottocommissione del Consilium responsabile del lavoro, ha detto su questo argomento: "Non riesco a capire per quale aberrazione queste persone eccellenti, storici competenti e menti generalmente ragionevoli, abbiano potuto suggerire un taglio e un riassemblamento (…) del canone romano. (…) Alla fine, il canone romano fu più o meno rispettato"1.
Gli altri tre canoni sono creazioni del tutto nuove, prodotte dai membri e dagli esperti del Consilium, e approvate dalla Congregazione dei Riti prima della pubblicazione. La loro scrittura solleva molte domande, sia sul principio stesso di una tale creazione, sia sulla scrittura e sullo spirito ad essa sotteso. Questo articolo è particolarmente interessato al Canone II, noto come "di Sant'Ippolito".
Si può fabbricare la liturgia?
La questione di principio riguarda i tre nuovi canoni. Spicca una prima osservazione: a differenza della liturgia orientale, la liturgia latina ha sempre conosciuto un solo canone, il canone romano. Come dice un autore: "Per quanto si risalgono le fonti certamente romane, per quanto si risalgono le fonti influenzate dalla liturgia romana, incontriamo sempre e senza eccezioni come preghiera romana l'unica e sola tradizione del canone romano, con la sua struttura e il suo discorso particolare, sia in una versione che nell'altra"2.
D'altra parte, la liturgia non è un laboratorio, in cui i liturgisti di un'epoca si sforzano di fare dosaggi a partire da vecchi testi, o anche di aggiungere alcune nuove composizioni per costruire un nuovo rito. Essa può essere paragonata alla crescita organica di un essere vivente, che cresce più o meno armoniosamente, nella direzione che gli è data da ciò che lo costituisce intimamente. Così è sempre stato il "progresso" nella liturgia.
Il voler creare da zero - o meglio in questo caso con una sorta di patchwork - un nuovo rito, è profondamente contrario allo spirito e alla natura stessa della liturgia. Un autore non sospetto l'ha ricordato più volte e con forza. Il Cardinale Joseph Ratzinger ha scritto: "L'estensione del potere papale nel campo della liturgia ha dato l'impressione che il Papa, in fondo, avesse pieno potere in materia di liturgia, soprattutto se agiva sotto mandato di un concilio ecumenico. L'effetto di questa impressione è stato particolarmente visibile dopo il Concilio Vaticano II. Che la liturgia fosse un dono, una realtà che non poteva essere manipolata, tutto questo è in seguito scomparso dalla coscienza dei cattolici d'Occidente".
"Ora, il Concilio Vaticano I ha definito il Papa, non come un monarca assoluto, ma come il garante dell'obbedienza alla Parola rivelata. La legittimità del suo potere era legata soprattutto alla trasmissione della fede. Questa fedeltà al deposito della fede, così come la sua trasmissione, riguarda in particolare la liturgia. Nessuna autorità può "fabbricare" una liturgia. Il Papa stesso è solo l'umile servitore del suo sviluppo omogeneo, della sua integrità e della permanenza della sua identità. (...) Ciò significa che la creatività non può costituire una categoria autentica della liturgia"3.
Quest'ultima osservazione è particolarmente rivolta alle sfrenate novità che hanno seguito le riforme liturgiche postconciliari e che recentemente si sono mostrate in un esemplare caso sul battesimo, che ha suscitato grande scalpore.
Il Canone detto "di Sant'Ippolito"
La Preghiera Eucaristica II, o Canone detto "di Sant'Ippolito", è il frutto di rischiose teorie e numerose approssimazioni sulla sua origine, e di scadenti lavori per la sua realizzazione. Tuttavia, è ancora oggi considerato dai non specialisti il più antico canone romano, e legato a Sant'Ippolito di Roma (170-235), un antipapa che alla fine morì martire dopo essersi pentito.
L'attribuzione ad Ippolito di Roma è oggi quasi universalmente rifiutata. In effetti, nessun autore serio accetta più questa teoria. Matthieu Smyth scrive: "Non mi soffermerò sui punti deboli dell'attribuzione ippolitica. Come si può supporre inoltre che un documento così eterogeneo provenga dalla penna di un determinato autore? Come abbiamo potuto dimenticare che le raccolte liturgiche e le preghiere in esse contenute riflettono la tradizione di una o più comunità, e non il genio di un solo scrittore?"4.
Inoltre, il documento su cui si è basato il lavoro della sottocommissione del Consilium non è un testo antico: si tratta infatti di una ricostruzione fatta da un noto liturgista, Dom Botte5, pubblicato in Sources chrétiennes. Ricostituzione contestata da numerosi specialisti, tra cui alcuni membri del Consilium, come lo stesso padre Bouyer.
Inoltre, questo testo non è romano: non è stato redatto in un ambiente latino, ma in un ambiente orientale. Le critiche ora propendono per la Siria occidentale. A prescindere dalla posizione esatta, quello che sembra certo è che non siamo in presenza di una liturgia latina. Così, mentre i membri del Consilium hanno tentato di eliminare dal canone romano i suoi pochi prestiti dalla liturgia orientale - cosa che alla fine non hanno potuto ottenere - altri, ingannati da una falsa ricostituzione, hanno ampiamente introdotto tali prestiti negli altri canoni, soprattutto in questo Canone II!
Le condizioni di realizzazione
Per apprezzare il modo in cui è stato svolto il lavoro, è sufficiente citare padre Bouyer, che ne è stato un architetto: "Si avrà un'idea delle condizioni deplorevoli in cui questa riforma è stata portata avanti in fretta e furia, quando avrò detto com'è stata confezionata la seconda preghiera eucaristica.
"Tra fanatici che archeologizzano a casaccio, che avrebbero voluto bandire dalla preghiera eucaristica il Sanctus e le intercessioni, prendendo così come è l'Eucaristia di Ippolito, e altri, che si infischiavano della sua presunta Tradizione apostolica, ma che volevano solo una messa approssimativa, a Dom Botte e a me fu affidato il compito di ridurre il testo, così da introdurre questi elementi, sicuramente più antichi, per il giorno dopo! Per fortuna ho scoperto, in uno scritto che, se è non dello stesso Ippolito, certamente è nel suo stile, una felice formula sullo Spirito Santo che poteva creare una transizione, del tipo Vere Sanctus6, verso la breve epiclesi. Botte, da parte sua, ha inventato un'intercessione più degna di Paul Reboux7 e della sua À la manière de… che della sua stessa scienza.
"Ma non posso rileggere questa incredibile composizione senza ripensare alla terrazza del bistrot di Trastevere, dove abbiamo dovuto mettere a punto il nostro pensum, per poterci presentare con esso alla Porta di Bronzo8 all'ora fissata dai nostri reggenti!"9
Padre Michel Gitton, amico di padre Bouyer, spiega che "in seguito, Louis Bouyer ci ha confidato che non poteva assolutamente pregare su un testo che aveva scritto lui stesso al tavolino di un bar di Trastevere!"10.
Conclusione
Il Canone II non rispettava né il testo orientale da cui è tratto, né lo spirito specifico della liturgia latina, che dovrebbe illustrare. È solo una "fabbricazione", una "liturgia artificiale" di liturgisti alle strette. Matthieu Smyth lo dice ancora molto bene:
"Alcuni si pentiranno che un testo così venerabile sia stato trasformato in questo modo. Chi invece sarebbe piuttosto tentato di deplorare la brusca introduzione, per via gerarchica, di una preghiera eucaristica estranea alla tradizione latina, all'interno dell'eucologia occidentale, potrà consolarsi considerando che la Prex eucharistica II [ La Preghiera Eucaristica II] è in realtà una composizione originale e colorata, frutto della creatività degli esperti del Consilium che hanno preso come punto di partenza l'anafora del Diataxeis [testo da cui è tratta la ricostruzione di Dom Botte].
"I suoi tratti, liberati dalla loro struttura siro-occidentale e da tutti i loro arcaismi, sono ormai quasi irriconoscibili, ma riflettono fedelmente le preoccupazioni di un piccolo gruppo di liturgisti della metà del ventesimo secolo".
Non si saprebbe dire meglio ...
- 1Louis Bouyer, Mémoires, Les éditions du Cerf, Paris, 2014.
- 2Matthieu Smyth, « L’anaphore de la prétendue « tradition apostolique » et la prière eucharistique romaine », Revue des sciences religieuses, 81/1 | 2007, 95-118, n° 5.
- 3Cardinal Joseph Ratzinger, L’Esprit de la liturgie, Ed. Ad Solem, Genève, 2001, pp. 134-135.
- 4Matthieu Smyth, op. cit., n° 2.
- 5Dom Bernard Botte (1893-1980), benedettino dell'abazia di Mont-César a Lovanio (Belgio).
- 6« Vere Sanctus es, Domine » è l'inizio della preghiera che precede immediatamente la la consacrazione secondo la tradizione di Ippolito di Roma (vedi n. 74) ; l'epiclesi, invece, è l'invocazione allo Spirito Santo.
- 7Paul Reboux (1877-1963) pubblicò dal 1910 al 1913, con il titolo di À la manière de…, tre serie di collage di autori diversi.
- 8La Porta di Bronzo, sulla destra della basilica di San Pietro, dà accesso al palazzo del Papa.
- 9Louis Bouyer, op. cit.
- 10https://www.revue-resurrection.org/Le-P-Bouyer-et-la-priere
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(Fonti: Louis Bouyer/Matthieu Smyth/Cardinal Ratzinger - FSSPX.Actualités)
Illustration : GFreihalter / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)