I vescovi italiani aprono alla teoria del "gender"

Fonte: FSSPX Attualità

Il 20 novembre scorso Avvenire, quotidiano dei vescovi italiani, ha dedicato una pagina alla famosa “teoria del gender”, ospitando il resoconto di un convegno sull’argomento organizzato dalla Fondazione Veronesi, e l’articolo di un “teologo” sulla questione, sotto il titolo cubitale: «Gender, no ai vecchi paradigmi, sì alla comunione delle differenze».

Il giornale dei vescovi italiani prende come punto di partenza il caso di una studentessa transessuale di Venezia, che la stampa ha montato all’inverosimile, dichiarandola discriminata perché un insegnante aveva rifiutato di chiamarla con il nome maschile da lei prescelto. Per l’Avvenire è «un triste caso» da prendere come punto di partenza della riflessione: «non minaccia ma opportunità per riformulare il senso del maschile e del femminile. E perché nessuno sia escluso».

La Fondazione Veronesi, del cui convegno l’articolo di taglio basso dà ampio resoconto, è intitolata al defunto medico Umberto Veronesi, già ministro della Salute, noto per le sue posizioni contro la vita umana e il suo ultra-progressismo.

Nel reportage, si dà per scontato che le conclusioni degli esperti di cui si riferisce siano del tutto corrette. Si spiega come “l’identità di genere” sia un problema da non porsi nemmeno più: le persone possono essere chi vogliono a prescindere da qualsiasi dato naturale, l’importante è che si sentano accolte.

La teologia inclusiva dei Vescovi italiani

Ma più inquietante ancora è l’articolo di taglio alto, firmato da don Giovanni del Missier, Professore straordinario di Teologia morale all’Accademia Alfonsiana di Roma, in procinto di tenere un corso sul gender nella Facoltà teologica del Triveneto. L’autore è presentato quindi come autorevole espressione del pensiero della “chiesa” sull’argomento, che (ci dice l’occhiello) «parte però dalla concretezza della vita reale, a cominciare dai problemi di identità di genere» (non certo dai princìpi della natura umana o dalla Rivelazione).

Il “teologo” quindi, da autentico modernista, sostiene un cambiamento di visione sulla transessualità a partire dall’esperienza, ignorando ogni riferimento a una legge morale oggettiva. Ovviamente inizia il suo articolo sorridendo di quei cattolici che si sentono a loro agio solo davanti a un nemico, quale sarebbe la “teoria del gender”, «percepita oggi come una minaccia a tutto campo, al punto da indurre alcune frange ecclesiali ad arroccarsi in una difesa estrema “a catenaccio” piuttosto che corrispondere all’appello di papa Francesco per una chiesa in uscita».

Chi non riesce a fare un tale salto “culturale” è sostanzialmente un insicuro, ci assicura il teologo, che se ne sta chiuso nelle sue certezze, e probabilmente non è aperto al soffio dello spirito (della storia, non santo), unico garante del divino che evolve nell’uomo secondo i modernisti.

Il teologo certo apprezza il tentativo della teoria di includere le differenze, pur riconoscendo che alcuni gruppi ne hanno fatto un uso strumentale eccessivo, benché comprensibile per persone che dovevano uscire da una lunga emarginazione. Se questi hanno presentato la teoria come «un modello di inclusione che appare molto simile alla Babele biblica: un’unità appiattita sull’uniformità, che annulla le differenze perché le priva di significato», con l’apporto cristiano si può far meglio: arrivare alla «comunione delle differenze, il modello della Pentecoste, il poliedro dell’inclusione opposto alla sfera dell’omologazione ideologica».

Tale spaventosa retorica di una permanente Pentecoste, per cui lo spirito continua a creare nuova rivelazione e nuova società (e nuova chiesa), includendo elementi del “mondo” nella fede modernista, era già riuscito includendo il liberalismo e la rivoluzione nella Chiesa cattolica al tempo del Vaticano II. Il gender è quanto i cristiani devono assorbire oggi, nel loro modo originale, per contribuire a un mondo inclusivo.

La realtà frutto di costante evoluzione ermeneutica

Tutto ciò è spiegato con termini ampollosi ma molto chiari: il dato naturale della carne maschile o femminile «si presenta sempre come un significante aperto e non come un significato già preconfezionato, ovvero richiede di essere investita di un senso propriamente umano, personale e relazionale, da interpretare singolarmente e comunitariamente». Ognuno, quindi, può andar oltre ciò che la natura e il Creatore gli hanno dato, dando un diverso (e magari opposto) significato a quanto ricevuto, visto che la persona è relazione e la natura solo un punto di partenza.

Come è tipico della gnosi, il dato naturale viene visto come una gabbia o un limite che lo spirito può sempre superare. La natura non è dono del Padre da conservare e accrescere, ma ha valore solo se viene reinterpretata dal soggetto.

«Tale sforzo ermeneutico coincide con la ricerca non scontata della progettualità creaturale che è inscritta nella nostra natura umana che, in ogni tempo, deve essere fatta oggetto di una rilettura culturale per essere significativa per la sua epoca». Una frase che rende la realtà creata e naturale unicamente valida in quanto conosciuta dall’uomo e dai lui perpetuamente riletta, reinterpretata, senza un valore proprio e stabile. Il modernista più classico non potrebbe dire meglio.

La conclusione dell’articolo è scontata, e si appella all’evento fondante della chiesa di oggi per scardinare ogni opposizione: «E a chi non riesce proprio ad uscire dal circolo vizioso dello scontro con un nemico, vale la pena ricordare quanto insegna il concilio Vaticano II: “La Chiesa confessa che molto giovamento le è venuto e le può venire perfino dall’opposizione di quanti la avversano o la perseguitano” (Gaudium et spes, n. 44). Figuriamoci quanto di buono può venire, allora, da una categoria ermeneutica che si presenta tanto provocatoria e generatrice di novità come è, appunto, il gender!».

Chiunque abbia accettato l’introduzione delle dottrine liberali nella Chiesa, non può ora non accettare l’introduzione di quelle sul “genere”. Vescovi tedeschi o italiani, la conclusione è la stessa per tutti, e prescinde completamente da qualsiasi discorso su Rivelazione, Tradizione e Magistero.