Il prestigioso destino di un testo fondatore (2)
I cardinali Arturo Tabera Araoz, Gabriel-Marie Garrone e John Joseph Wright, che condannarono mons. Lefebvre
L'articolo precedente mostrava che la posizione di Mons. Lefebvre del 21 novembre 1974 non aveva nulla a che vedere con una fredda dichiarazione di guerra contro Roma, né con una reazione troppo forte o poco controllata.
Si è trattato di un grave “non possumus”, pienamente consapevole delle proprie responsabilità, pronunciato per fornire ai suoi seminaristi, nella confusione crescente, una linea di condotta chiara e ferma.
Fu una santa indignazione piena di fede; una professione umile e forte, unicamente ispirata dal suo profondo amore alla Chiesa e alle anime.
Un “casus belli” comunque…
I seminaristi non si erano sbagliati e accolsero con vibranti applausi la lettura di questo testo storico. Sebbene non fosse destinato al pubblico, viene comunque conosciuto e frammenti di esso vengono divulgati all'insaputa dell'autore, in condizioni diverse e talvolta deplorevoli. Mons. Lefebvre decise allora di pubblicarne una versione autentica e completa, appena ritoccata, nel numero di gennaio 1975 di Itinéraires.
Ma nessuna preoccupazione lo turba: "Quali che siano le sanzioni prese contro di noi, in queste condizioni non è più una questione di obbedienza, ma di conservare la fede. Se se ne vanno dieci, venti, quaranta, io resto!"
Alla fine di gennaio mons. Lefebvre venne convocato a Roma dove, il 13 febbraio, incontrò tre cardinali. Uno di loro mostrò Itinéraires : "La vostra Dichiarazione, pubblicata su Itinéraires! Allora siete contro il Papa e contro il Concilio! Questo è inaccettabile!"
Dopo averlo lasciato a un monologo di venticinque minuti, mons. Lefebvre chiarì con calma l'atteggiamento e il pensiero del seminario e della Fraternità. No, non è vero, non era contro il Papa. Si astenne sempre dal dire qualcosa di dispregiativo e rifiutò di permettere a chiunque di dire parole dispregiative nei confronti del Santo Padre in seminario.
D'altra parte, sottolineò che le conseguenze del Concilio che si erano manifestate nelle riforme erano molto gravi, e che non potevano accettarle: dovevano rimanere legati alla Tradizione. Ma i cardinali si fanno fecero duri: “Se mantenete la vostra Dichiarazione, allora non potremo riconoscere la Fraternità, non potremo riconoscere il vostro seminario…”. Detto questo, mons. Lefebvre concluse: "Io non vedo come posso cambiare la mia opinione".
Dopo un secondo incontro il 3 marzo, in cui gli fu stato detto: "Il vostro manifesto è inaccettabile", mons. Lefebvre commentò per i suoi seminaristi: "Vediamo il degrado sempre più evidente della morale, della fede, della liturgia: non possiamo restare indifferenti a questa distruzione, non è possibile!"
"Ecco perché dobbiamo mantenere assolutamente la nostra fermezza, e non dubitare nemmeno per un momento della legittimità della nostra posizione. Non siamo noi che giudichiamo, non sono io che mi faccio giudicare. Io non sono che l'eco di un magistero limpido, professato da 2000 anni. È il magistero della Chiesa, è la Tradizione della Chiesa che condanna. […]"
"Diranno: 'Vi separate da Roma!'. Al contrario, ad essa siamo legati più di ogni altro! Siamo legati a questa Roma che ha sempre professato la verità, professato il magistero della Chiesa. Questa Roma è nostra e noi la facciamo nostra. Ecco perché non dobbiamo preoccuparci."
…e un motivo di condanna
La sentenza cadde il 6 maggio 1975. In tre parole: soppressione della Fraternità, chiusura del seminario e nessun sostegno a mons. Lefebvre finché avrebbe mantenuto le idee espresse nel suo manifesto.
"È attorno alla tua dichiarazione pubblica, nella rivista Itinéraires, che il nostro scambio è iniziato e principalmente continua. Non potrebbe essere altrimenti. […] Tuttavia, tale Dichiarazione ci è sembrata inaccettabile sotto ogni punto di vista. È impossibile conciliare la maggior parte delle affermazioni contenute in questo documento con l'autentica fedeltà alla Chiesa, a coloro che ne sono responsabili e al Concilio dove si sono espressi il pensiero e la volontà della Chiesa."
Jean Madiran commentò laconicamente: "Inaccettabile sotto ogni aspetto. In una sentenza ufficiale non è possibile supporre che si tratti di un lapsus o di un'imprecisione redazionale". L'unico argomento della sentenza del cardinale è il seguente: mons. Lefebvre è accusato di invitare tutti “a subordinare le direttive che provengono dal Papa al proprio giudizio”.
Non solo, continua Madiran, "è una falsificazione"; ma "quando, in nome del Papa, le congregazioni romane favoriscono o impongono l'autodemolizione della Chiesa e l'apostasia immanente, non è per suo giudizio, è per il Credo, è per la virtù teologale della fede, è a motivo della Tradizione cattolica che ogni battezzato è chiamato a rifiutare e a resistere".
Nel mese di giugno, presentando un appello contro la soppressione della Fraternità e del Seminario, mons. Lefebvre indirizzava a Paolo VI il seguente rapporto, in cui si afferma chiaramente il ruolo assolutamente centrale svolto dalla sua Dichiarazione: "Constatando che i visitatori sono venuti con il desiderio di allinearci sui cambiamenti avvenuti nella Chiesa dopo il Concilio, ho deciso di chiarire il mio pensiero davanti al seminario".
"Non potevo aderire a questa Roma rappresentata dai visitatori apostolici, che si permettevano di trovare normale e fatale l’ordinazione delle persone sposate, che non ammettevano una verità immutabile, che esprimevano dubbi sul modo tradizionale di concepire la Risurrezione di Nostro Signore. […]"
"Il 13 febbraio, 3 marzo, è stata discussa solo la mia Dichiarazione del 21 novembre. Con veemenza, il cardinale Garrone mi ha rimproverato per questa Dichiarazione, arrivando a darmi del 'pazzo', dicendomi che 'facevo la parte di Atanasio', e questo per venticinque minuti. Si è aggiunto il cardinale Tabera, dicendomi che 'quello che fate è peggio di quello che fanno tutti i progressisti', che 'io avevo rotto la comunione con la Chiesa'. […]"
"Ho cercato invano di formulare argomentazioni, spiegazioni, che indicassero il significato esatto della mia Dichiarazione. Affermavo che rispettavo e rispetterò sempre il Papa e i vescovi, ma che non mi sembrava scontato che criticare alcuni testi del Concilio e le riforme che ne sono seguite equivalesse a una rottura con la Chiesa; che mi sforzavo di individuare le cause profonde della crisi che attraversava la Chiesa, e che tutta la mia azione dimostrava il mio desiderio di costruire la Chiesa e non di distruggerla. Ma nessun argomento è stato preso in considerazione. […]"
"Così, dopo questo processo farsa, mi è stata fatta questa cosiddetta visita favorevole con qualche leggera riserva e due interviste incentrate solo sulla mia Dichiarazione per condannarla completamente, senza riserve, senza sfumature, senza esame concreto e senza che mi fosse consegnato nemeno un testo scritto, e ho ricevuto una dopo l'altra una lettera da Sua Ecc. Mons. Mamie sopprime la Fraternità e il Seminario con l'approvazione della Commissione Cardinalizia, poi una lettera della Commissione che conferma la lettera di Mons. Mamie, senza che venga formulata un'accusa formale e precisa sulle proposte avanzate.
"Ho dovuto quindi mandare via immediatamente centoquattro seminaristi, tredici insegnanti e personale del seminario, due mesi prima della fine dell'anno scolastico! Basta scrivere queste cose per indovinare cosa potrebbero pensare le persone che hanno ancora un po’ di buon senso e di onestà."
(Fonte: MG – FSSPX.Actualités)
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