Il rapporto Sauvé o l'abuso di abusi (2)

Fonte: FSSPX Attualità

Prof. Harald Dreßing, coordinatore del rapporto MHG

Il 5 ottobre 2021, la Commissione indipendente sugli abusi sessuali nella Chiesa (CIASE), presieduta da Jean-Marc Sauvé, ha reso pubblico il rapporto che le era stato commissionato dalla Conferenza episcopale francese (CEF) e dalla Conferenza dei religiosi e delle religiose di Francia (COREFF).

Il primo articolo prendeva in esame la cifra avanzata dal CIASE, per metterla in discussione. Sembrava poco plausibile, in particolare perché darebbe un numero di vittime per aggressore assolutamente non credibile.

Spiegazioni avanzate

Quando si tratta di dare spiegazioni, un lettore più acuto avrà la triste sensazione di trovarsi di fronte a una sorta di remake o copia e incolla. Se seguiamo ciò che stava accadendo al di là del Reno con la nascita del Cammino sinodale, non è difficile individuare alcune sorprendenti somiglianze.

Il precedente del Cammino sinodale tedesco

L'episcopato tedesco ha incaricato degli accademici delle università di Mannheim, Heidelberg e Gießen di condurre uno studio indipendente, da cui il nome rapporto MHG, che conta 350 pagine. Scopo di questo studio, si precisa, era "determinare la frequenza degli abusi, descriverne le forme (...) e individuare le strutture e le dinamiche atte, all'interno della Chiesa, a favorire gli abusi".

Non a caso scopriamo che questi esperti ritengono che il problema sia prima di tutto strutturale (o sistemico), e che si debba quindi modificare il funzionamento della Chiesa, ritenuta responsabile:

"I risultati dello studio mostrano chiaramente che l'abuso sessuale di minori da parte di religiosi della Chiesa cattolica non è solo il comportamento fuorviante di individui isolati, ma che occorre prestare attenzione anche alle caratteristiche rischiose e strutturali specifiche della Chiesa cattolica, che favoriscono gli abusi sessuali su minori o ne complicano la prevenzione."

Il rapporto prosegue attaccando la morale della Chiesa, poi il potere d'Ordine: "La trasformazione delle strutture del potere clericale richiede una riflessione fondamentale sul sacro ministero del sacerdote e sul modo in cui quest'ultimo vede il suo ruolo."

"Sanzionare i colpevoli, pentirsi pubblicamente delle loro azioni, pagare un risarcimento finanziario alle vittime, stabilire concetti di prevenzione è necessario ma non sufficiente. (…)"

"Questi approcci sono anche atti a cementare le strutture del potere clericale, poiché mirano solo ai sintomi di uno sviluppo anormale e quindi impediscono la riflessione sul problema fondamentale del potere clericale."

Una copia ampiamente conforme

Chi ha letto il rapporto CIASE riconoscerà le stesse preoccupazioni. La Commissione cerca anzitutto di rassicurare: "Siate sereni: la Commissione non è stata presa da una sorta di eccesso che l'avrebbe portata a superare il suo mandato, o addirittura a elevarsi al di sopra dei suoi componenti; al contrario, le sembrava che questo fosse l'unico modo per realizzarlo realmente, anche se non era stato previsto in questa forma all'inizio del suo lavoro."

Tuttavia, nel paragrafo precedente scriveva: "Più fondamentalmente, si studiano le deviazioni, snaturazioni e perversioni a cui hanno aperto la porta la dottrina e gli insegnamenti della Chiesa cattolica, suscettibili di aver favorito il verificarsi di violenze sessuali: il “clericalismo” criticato da papa Francesco nella sua Lettera al popolo di Dio dell'agosto 2018, che include l'eccessiva sacralizzazione della persona del sacerdote; la sopravvalutazione del celibato e dei carismi nel sacerdote."

Più avanti, c'è anche uno dei grandi progetti del Cammino sinodale, la separazione dei poteri: "Senza toccare alcun dogma, c'è spunto per una riflessione secondo delle categorie che si applicano a qualsiasi organizzazione, compresa la Chiesa cattolica, per l'articolazione tra verticalità e orizzontalità e la separazione dei poteri."

"Allo stesso modo, ci sarebbero solo vantaggi nello sviluppare il processo di valutazione e controllo interno, con strumenti semplici come la mappatura dei rischi o il controllo annuale, per far avanzare il governo della Chiesa senza minare nessuno dei suoi fondamenti."

"A questo proposito, rafforzare notevolmente la presenza dei laici in generale, e delle donne in particolare, negli ambiti decisionali della Chiesa cattolica, sembra non solo utile ma necessario, rispetto al principio di pari dignità, cosa che d'altrone i suoi responsabili ascoltati in plenaria dal CIASE, hanno ammesso tutti, ovviamente con vari gradi di entusiasmo."

In altre parole: la costituzione divina della Chiesa deve essere cambiata per garantire il normale funzionamento nel mondo di oggi.

La posizione dei membri CIASE contiene i seguenti errori:

1. Questi giudizi sono formalmente al di fuori della loro competenza.

2. Si tratta di un punto di vista puramente naturale.

3. Si ignora la natura divina della Chiesa e il suo scopo.

Alla ricerca di vere spiegazioni



Il diritto canonico messo in causa

Se cerchiamo le vere cause, dobbiamo prima guardare al Codice del 1983. Che abbia mostrato evidenti inadeguatezze in relazione alla questione degli abusi, ne abbiamo una prova nella testimonianza di Benedetto XVI, nonché di mons. Juan Ignacio Arrieta, responsabile per la riforma del Codice nel Libro VI, concernente i processi canonici. I due uomini ci raccontano la stessa storia.

Il segretario del Pontificio Consiglio per i testi legislativi spiega chiaramente la genesi di questa riforma che entrerà in vigore l'8 dicembre: "Subito dopo la promulgazione del Codice, nel 1983, si videro alcuni dei limiti di questo Libro."

Quali limiti? "Era in quel momento volontà generale lasciare i testi in una formulazione indeterminata, consentendo ai vescovi e ai superiori, che erano coloro che avrebbero dovuto applicare il Codice, di determinare volta per volta quando e come dover punire."

Il risultato non si è fatto attendere: " (...) ha causato molti danni la mancata percezione dell’intimo rapporto esistente nella Chiesa tra l’esercizio della carità e il ricorso, ove le circostanze e la giustizia, lo richiedano, alla disciplina sanzionatoria". Mons. Arrieta continua: "L’esperienza immediata di pochi anni dopo fece notare come questo portasse a una grande difficoltà, da parte di chi doveva operare con le norme penali, e anche a una disparità di valutazione, a una mancata uniformità di risposta perché ognuno valutava in modo disomogeneo."

Conclude: "Questo portò, purtroppo, a lentezze che obbligarono poi la Santa Sede a intervenire stabilendo la giurisdizione straordinaria ed esclusiva della Congregazione per la Dottrina della Fede per i delitti riservati e altri provvedimenti."

Un primo adattamento sotto Giovanni Paolo II

C'è un testo notevole di Benedetto XVI, datato 11 aprile 2019, che spiega le ragioni di questo intervento. Il Papa emerito dà una spiegazione completamente nuova della crisi degli abusi e fa diverse confessioni sulla rotta postconciliare. Ecco il passaggio che riguarda il diritto canonico.

Benedetto XVI affronta la questione degli abusi e dell'insufficienza dei mezzi di repressione previsti dal nuovo Codice di diritto canonico: "La questione della pedofilia (...) è divenuta scottante solo nella seconda metà degli anni ’80", quindi sotto il pontificato di Giovanni Paolo II.

I vescovi americani "chiesero aiuto a Roma perché il diritto canonico, così come fissato nel Nuovo Co­dice, non appariva sufficiente per adottare le misure necessarie. (...) Un rinnovamento e un approfondimento del diritto penale, intenzionalmente costruito in modo blando [corsivo nostro] nel Nuovo Codice, poté farsi strada solo lentamente."

Alla radice di questa debolezza deliberatamente voluta c'era "un problema di fondo che riguardava la concezione del diritto penale. Ormai era considerato «conciliare» solo il così detto «garantismo» [obbligo di garantire a qualcuno il godimento dei propri diritti]. (...) il loro [degli accusati] diritto alla difesa venne talmente esteso nel senso del garantismo che le condanne divennero quasi impossibili." Che confessione!

Il Papa emerito giustifica il suo gesto, spiegando la condotta da lui tenuta: "Un diritto canonico equilibrato (...) non deve dunque essere garantista solo a favore dell’accusato. (…) Deve proteggere anche la fede. (...) Nella coscienza giuridica comune la fede non sembra più avere il rango di un bene da proteggere"

A causa di questo garantismo, è stato necessario aggirare la difficoltà trasferendo i poteri della Congregazione del Clero, normalmente preposta alla cura dei delitti commessi dai sacerdoti, alla Congregazione per la Dottrina della Fede sotto la voce "Delitti maggiori contro la fede". Ciò ha permesso di infliggere "anche la pena massima, vale a dire la riduzione allo stato laicale, che invece non sa­rebbe stata comminabile con altre titolature giuridiche".

Così la logica implacabile del personalismo, che antepone l'individuo alla società e al bene comune, rendeva quasi inoperante la giustizia della Chiesa con il Codice di diritto canonico del 1983. Mentre il Codice del 1917 aveva l'arsenale per punire i colpevoli.

Le altre spiegazioni di Benedetto XVI

Il Papa emerito, nel suddetto testo, adduce altre cause della crisi degli abusi. Ecco gli elementi che mette in evidenza.

- Il contesto sociale della liberazione dalla morale

Benedetto XVI intende ricordare che "negli anni ’60 si sia verificato un processo inaudito, di un ordine di grandezza che nella storia è quasi senza precedenti. Si può affermare che nel ventennio 1960-1980 i criteri validi sino a quel momento in tema di sessualità sono venuti meno completamente e ne è risultata un’assenza di norme alla quale nel frattempo ci si è sforzati di rimediare."

Queste sono le cause remote degli abusi: la rivoluzione libertaria degli anni '60 e l'attuazione aggressiva di un'educazione sessuale sempre più sfrenata, accompagnata dall'irruzione della pornografia che da allora invade gli schermi. Da questo momento in poi, ci sono sostenitori della pansessualità per lodare e promuovere la pedofilia.

A questa analisi va aggiunta l'apertura al mondo operata dal Vaticano II, che ha permesso a queste idee liberali di penetrare più facilmente negli ambienti ecclesiastici. La scomparsa dello spirito di sacrificio ha avuto lo stesso effetto.

- La rivoluzione della teologia morale

Nello stesso tempo si verificò un "crollo" della teologia morale e dell'insegnamento della Chiesa sui costumi, frutto di una vera e propria rivoluzione, nata da un consapevole disprezzo per la legge naturale.

Scrive Benedetto XVI: "Sino al Vaticano II la teologia morale cattolica veniva largamente fondata giusnaturalistica­mente, mentre la Sacra Scrittura veniva addotta solo come sfondo o a supporto. Nella lotta ingaggiata dal Concilio per una nuova compren­sione della Rivelazione, l’opzione giusnaturalistica venne quasi comple­tamente abbandonata e si esigette una teologia morale completamente fondata sulla Bibbia". Una nuova notevole ammissione che spiega la bancarotta morale postconciliare.

- Attacchi al Magistero della Chiesa

Questi ebbero per conseguenza di affermare la tesi secondo cui "le questioni della morale non potrebbero divenire oggetto di decisioni infallibili del magistero ecclesiale". Ciò si è manifestato nel rifiuto da parte di quasi tutti i vescovi dell'enciclica Humanae vitae (1968) di Paolo VI sulla contraccezione.

Queste cause hanno portato, secondo Benedetto XVI, a una triplice rottura:

Una rottura nella formazione nei seminari, che ha permesso, secondo il Papa emerito, la costituzione di "club omosessuali che agivano più o meno apertamente e che chiaramente trasformarono il clima nei seminari".

Poi una rottura nel reclutamento di vescovi il cui criterio di nomina era "lo spirito del Concilio", che ha portato a un rifiuto della Tradizione.

Infine una rottura del diritto canonico, di cui si è già parlato.

Ma tutto questo è rifiutato dagli attuali vescovi, che preferiscono le spiegazioni naturalistiche e anticattoliche del CIASE, che propone di cambiare la Chiesa piuttosto che i cuori.

Un motivo in più per chiamare la sua denuncia "abuso di abusi".

Don Arnaud Sélégny +

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