La Santa Sede tra ecologia e statistiche – un’analisi

Fonte: FSSPX Attualità

Il cardinal Pietro Parolin alla Cop26, tra Boris Johnson, Primo ministro del Regno Unito, e Antonio Gutteres, Segretario generale delle Nazioni Unite

Abbiamo potuto leggere in questi giorni le statistiche sulla situazione della Chiesa in Europa e nel mondo, il declino delle vocazioni e della vita religiosa.

In Asia e Africa, l’apparente lenta crescita del cattolicesimo va messa in relazione all’aumento di popolazione, e la limitata crescita vocazionale in proporzione con questi. Quanto alla situazione statistica della Chiesa in Europa, non vale la pena di parlarne, come ben sappiamo.

Abbiamo anche letto come dei “conservatori” lamentino questo stato di cose, si trovino perfino a rinnegare i successi appariscenti ma poco profondi del pontificato wojtyliano, dichiarando la miopia del Papa e della gerarchia di fronte a questo fallimento della “tattica” post-conciliare. Secondo questi conservatori, la gerarchia avrebbe tentato di trattenere le masse avvicinandosi al mondo, per poi scoprire che non funzionava, ed ostinarsi tuttavia sulla stessa strada. Insomma, una terza e quarta dose di progressismo, che però non ha risolto la “pandemia” apostatica che svuota le chiese europee e non solo.

A nostro avviso però questa lettura “conservatrice” pecca su un punto fondamentale. Dà infatti per scontato che lo scopo dell’aggiornamento e dell’avvicinamento al mondo sia sempre quello di “portare la gente in chiesa”, magari di suscitare vocazioni e far fiorire una qualche sorta di vita cattolica.

Glasgow o i veri scopi della nuova religione

L’impegno della Santa Sede su tutt’altri fronti dovrebbe farci capire che di tutto questo da molto tempo non importa più nulla, stando alle linee guida e agli input che provengono dall’alto. Non abbiamo dubbi che possa importare all’uno o all’altro vescovo, o parroco. Ma per chi segue la linea, gli obiettivi sono molto diversi.

L’incontro Cop26 di Glasgow, cui la Santa Sede ha dedicato tutte le sue energie, facendo da presidenza del parlamento delle religioni che ha presentato a quel consesso le sue proposte ed impegni, ci dice tutt’altro. Non crediamo si possa minimizzare l’importanza di un tale evento, che unisce i nuovi obiettivi della gerarchia con l’ecumenismo più profondo, quello dell’azione concertata delle religioni per il bene della “casa comune”, che esclude ogni interesse soprannaturale, ed ogni considerazione della Verità rivelata.

Il Cardinal Parolin, che ha letto a Glasgow il messaggio del Papa, ha spiegato con semplicità a cosa essi siano ormai impegnati: l’adozione da un lato di “una strategia di riduzione a zero delle emissioni nette”, per quanto riguarda lo Stato della Città del Vaticano entro il 2050, e dall’altro (per quanto riguarda la Chiesa tutta) la promozione di «un’educazione all’ecologia integrale» che favorisca nuovi comportamenti e un nuovo «modello culturale di sviluppo incentrato sulla fraternità» e sull’alleanza uomo-natura. Un impegno educativo, scrive il Papa, che vede un’ampia convergenza da parte dei rappresentanti di tante fedi e tradizioni religiose, firmatari di un Appello congiunto lo scorso 4 ottobre: «Voci differenti e con diverse sensibilità. Ma ciò che si è potuto avvertire chiaramente era una forte convergenza di tutti nell’impegnarsi di fronte all’urgente necessità di avviare un cambiamento di rotta capace di passare con decisione e convinzione dalla “cultura dello scarto” prevalente nella nostra società a una “cultura della cura” della nostra casa comune e di coloro che vi abitano o vi abiteranno».

Un appello

A coloro che entrano nei seminari moderni nei cinque continenti, siano essi in aumento o in diminuzione, se sono ancora in buona fede, occorrerà ricordare questo. Essi diventeranno gli ingranaggi di una propaganda ecologico-panteista che porti alle masse questo messaggio utile alla “Casa comune”. Quantomeno questo è ciò a cui saranno principalmente formati, lì dove le direttive vaticane sono davvero ben seguite. Le testimonianze di tanti buoni sacerdoti nelle parrocchie, vittime del sistema modernista, ci dicono questo. Le direttive diocesane non parlano d’altro da molto tempo.

Che fare? lasciarsi formare con questo spirito di “servizio” (o meglio asservimento) al mondo e alle sue richieste? sottostare alle direttive in parrocchia per cercare comunque di fare un bene parziale? Al clero in particolare è richiesto il coraggio del salto vero un’adesione integrale alla Tradizione della Chiesa e ai suoi dogmi, a rischio di perdere il consenso del mondo e dei superiori; ai giovani che ancora hanno una vocazione sincera al sacerdozio cattolico, va invece l’appello a trovare quella formazione sacerdotale integrale per salvaguardare la quale Monsignor Lefebvre ha sacrificato ogni onore ecclesiastico. Solo così si potrà davvero e senza illusioni servire la causa della Chiesa Romana e del Cristo Re, e non quella di un mondo che ha divinizzato se stesso.