L'insanabile spaccatura nell'anglicanesimo

Fonte: FSSPX Attualità

Conferenza di Lambeth nel 2008

L'ultimo incontro dei prelati della Comunione anglicana appena concluso a Canterbury (Regno Unito) ha messo in luce una frattura che sembra difficile da sanare. In questione è il tema delle unioni tra persone dello stesso sesso e la loro possibilità di essere integrate nel clero.

Si conosce il problema – insolubile – della quadratura del cerchio, ma quello dell'unità della comunione anglicana non ha nulla da invidiare: è, peraltro, quanto evidenziato dalla quindicesima conferenza di Lambeth conclusasi a Canterbury il 7 agosto 2022 .

Infatti, ogni dieci anni, dal 1867, i "vescovi" di fede anglicana hanno preso l'abitudine di riunirsi per dimostrare una facciata di unità, che quest'anno si è largamente fratturata.

Consideriamo la situazione: i primati delle comunità di Rwanda, Uganda e Nigeria – che da solo rivendica diciotto milioni di fedeli – si sono rifiutati di partecipare all'incontro. Peggio ancora, molti dei 650 prelati che hanno risposto hanno rifiutato di ricevere la comunione durante la cerimonia di apertura del 31 luglio.

Il motivo dell'ostilità? Il via libera dato dalle autorità anglicane, nel 1998, alle unioni tra persone dello stesso sesso e alla possibilità per gli omosessuali di integrarsi pienamente nel clero e nella gerarchia.

Se la maggioranza degli anglicani - dei paesi occidentali secolarizzati e meno praticanti - accetta la riforma, il gruppo delle "Chiese del Sud", che si trova nel continente africano, e dove si concentrano le forze vive dell'anglicanesimo, rifiuta ciò che considerano un sviluppo inaccettabile, vedendo in esso una messa in discussione delle Scritture, che sono piuttosto chiare sul tema dell'omosessualità.

"Se vogliamo rimanere uniti, stiamo attenti ai divari esistenti", ha avvertito Maimbo Mndolwa, primate anglicano della Tanzania.

Giustificando da parte sua il rifiuto di fare la comunione in apertura del vertice, il primate sud-sudanese, Zaccaria Manyok Bia, ha voluto essere ancora più chiaro: "l'Eucaristia viene dopo il gesto di pace e fare la comunione accanto al proprio fratello significa riconciliarsi con lui. Sarebbe stato ipocrita comunicarsi fianco a fianco".

Per evitare uno scisma che sembra sempre più inesorabile, Justin Welby, nominato dalla corona britannica come primate dell'intera confessione anglicana, ha usato la sua ultima freccia, proponendo di riconoscere che la comunione tra "Chiese" può esistere, anche con divisioni su un argomento come le unioni dello stesso sesso.

Un modo per dire che due più due fa cinque: del resto James Wong, primate anglicano dell'Oceano Indiano non si sbagliava, denunciando con le sue stesse parole una comunione "fratturata".

L'anglicanesimo sta vivendo il suo canto del cigno? Riuscirà a sopravvivere alla scomparsa della monarca britannica, che forse è ancora la sua ultima garanzia, coronata dai suoi settant'anni di regno sul Regno Unito e sul Commonwealth, e innegabilmente popolare? È certamente il sogno – o meglio, l'incubo – che deve perseguitare le notti del vescovo Justin Welby.