Morti, eppure così vivi

Fonte: FSSPX Attualità

Anime del Purgatorio, Alonso Cano (1636)

"Credo che quando, liberata da ogni unione con la materia, l'anima finalmente diviene se stessa nella purezza della sua essenza, solo allora 'pensa', nel senso stretto che il termine ha per i sapienti." 

Questa consolante parola posta sulle labbra di Catone, quando è meditata con sguardo cristiano, getta una luce singolare su ciò che stanno vivendo in questo momento le anime dei fedeli che hanno lasciato questo mondo, questi cari esseri di cui il mese di novembre è propizio a far ravvivare il ricordo, che l'assalto spietato degli anni sta cercando di soffocare a poco a poco.

Il nostro secolo asettico, infatti, si sforza di respingere, con un timore appena velato, l'idea stessa della morte, scavando così un tale abisso tra il mondo dei vivi e quello dei morti, che quest'ultimo sembra costituire un universo sconosciuto, inquietante e oscuro.

Nulla potrebbe essere più lontano dalla verità, tuttavia, se ci prendiamo il tempo per considerare gli argomenti sia illuminanti che consolanti della teologia cattolica su questo tema.

Anime nella Verità

Che siano in Cielo o in Purgatorio – non è questa la sede per parlare di anime condannate per loro colpa e che hanno solo l'eterna sventura per destinazione – le anime dei defunti godono, seppur in modi diversi, di una conoscenza di Dio ben più luminosa della nostra.

Per spiegare questa tesi, san Tommaso ricorre al principio secondo cui il modo di conoscenza intellettuale dell'anima separata – cioè del defunto la cui anima ha lasciato il corpo – è simile a quella dell'angelo. Ora è proprio dell'angelo essere privo di materia corporea e quindi degli organi sensoriali che da essa dipendono.

L'angelo non coglie le realtà esterne come noi: dove l'essere umano ragiona e passa successivamente da una conclusione all'altra, con a volte – spesso, ahinoi! – la possibilità di cadere in errore e di lasciarsi guidare da passioni mal domate, l'angelo vede subito la conclusione in modo istantaneo, stabile, intuitivo, cioè senza alcuna forma di ragionamento.

In altre parole, laddove così pochi uomini riescono a rendersi conto - e quando capita, lo fanno a costo di quante esitazioni! - quale posto Dio, questo Dio che tutto contiene nelle sue mani, deve tenere nella condotta di vita, l'angelo percepisce questa alta verità in un solo atto di intelligenza.

Cosciente, in un battito di ciglia, della sua limitatezza, quanto anche della sua dipendenza assoluta verso il suo creatore, che regge l'intero universo, la creatura angelica si prodiga subito, con sentimenti di timore filiale, in riconoscenza e adorazione silenziosa. 

I nostri defunti che, va ripetuto, hanno un modo di conoscenza simile a quello dell'angelo, anche se in grado inferiore, hanno quindi una percezione, un sentimento, in una parola, un'intuizione di Dio ben più acuta e penetrante di quello che potremo mai avere mentre viviamo in questo mondo vacillante.

Le anime dei fedeli che ci hanno lasciato sono quindi anime nella Verità, anime che affrontano la Verità, che vi sono fissate in modo consolante e indefettibile. Quanto sono lontani dai nostri cari defunti i sogni di indipendenza, le disastrose illusioni di una falsa libertà, la pretesa di un'esistenza fuori dal tempo che crede, per ironia della sorte, di poter fare a meno di Dio, o peggio, di attribuirgli il miserabile ruolo di comparsa!

Certamente c'è una lezione da imparare. Se solo, come le anime dei fedeli defunti, ci esercitassimo a meditare attraverso gli eventi della vita – gioie, dolori, successi e fallimenti – i riflessi della nostra stessa finitezza, della nostra radicale impotenza e della nostra assoluta dipendenza da Dio, quanto il corso della nostra vita ne sarebbe trasformato.

Anime fuori dal tempo

Il tempo quaggiù non ha più presa sulle anime dei fedeli defunti, questo tempo umano e mondano che vede svolgersi, come su un palcoscenico, il dramma implacabile delle passioni, delle esitazioni e di tutti i voltafaccia verso cui la nostra fragile natura sembra inesorabilmente incline.

Le anime che soffrono nel Purgatorio, infatti, sono segnate da una durata molto particolare che gli scolastici chiamano con il nome di aevum. È il tempo costituito, misurato dal susseguirsi dei pensieri: tanti pensieri quanti istanti in questo aevum.

Gettiamo lo sguardo su quest'anima del Purgatorio che desidera fortemente il Dio per cui soffre di non esserne ancora degna, a causa di tante imperfezioni e di atti mancati; bene, è il solo pensiero di questo desiderio che costituirà tutto il tempo di quest'anima. Tanto che la liturgia le applica queste parole: "verso di te sospirano i morti, ardenti di desiderio di essere liberati dalle loro catene per apparire finalmente alla tua santa presenza".

Le anime dei beati sono, dal canto loro, in un altro tempo, quello dell'eternità partecipata e che consiste in un unico momento immobile, come un punto fermo: quello di uno sguardo pieno d'amore concentrato sulla Trinità definitivamente posseduta.

Che contrasto con noi, creature lunatiche, che perdiamo ogni momento che Dio, nella sua misericordia, ci dona, vagando da un'attività all'altra, secondo i nostri capricci!

Fuori dal tempo, le anime del Purgatorio non hanno perso la memoria di quelli che furono i loro cari quaggiù; e inoltre, le anime giunte all'eternità non sono disinteressate alla sorte degli uomini: sono così unite alla giustizia di Dio, spiega san Tommaso, che non esitano a intromettersi nei nostri affari terreni, in quanto questa giustizia divina che va oltre le nostre ristrette concezioni, lo permette o lo esige.

Infine, il tempo dei nostri cari defunti, non è quello che li ha riempiti di passione per Dio?

Anime che conoscono il prezzo dell'ultimo istante

Ogni anima può sperimentare, nel momento della separazione definitiva, il dogma di fede definita del Giudizio particolare: il Magistero infallibile della Chiesa, attraverso il Concilio di Lione II e nei termini poi ripresi dal Papa Benedetto XII, anzi insegna che subito dopo la morte l'anima è ricompensata secondo i suoi meriti.

In altre parole, l'ultimo istante terreno è, per l'anima che si prepara a lasciare il suo corpo, il momento di una scelta definitiva. Alcune belle menti si sono chieste se, subito dopo la separazione, l'anima sarebbe ancora in grado di produrre un atto di conversione a Dio in extremis: così il cardinale Gaetano, commentatore autorizzato di san Tommaso, seguito più recentemente da suor Benedetta della Croce, meglio conosciuta come Edith Stein.

Questa ipotesi, se non manca di interesse a mettere in luce l'infinita misericordia di Dio, non è seguita per nulla dalla maggioranza dei teologi che vedono nell'ultimo momento trascorso sulla Terra il momento decisivo in cui l'anima si determina liberamente e definitivamente verso quale sarà la sua eternità: con o senza Dio.

Quanto è prezioso quest'ultimo istante, e quante anime soffrono in Purgatorio ineffabili tormenti per aver forse troppo trascurato il suo significato...

Ma sta a noi, che siamo ancora nel tempo umano, che siamo in una certa misura padroni del nostro tempo, rimediare a questa leggerezza: operando anzitutto sulla nostra perfezione spirituale, qualunque sia la nostra caduta, senza mai arrenderci, per preparare il terreno a questo momento finale in cui si gioca il faccia a faccia divino; ma anche assumendo su di noi una parte della negligenza che i nostri cari defunti hanno avuto in questa vita, con l'offerta del Santo Sacrificio della Messa per loro intenzione, e con l'applicazione delle preghiere indulgenziate previste dalla Chiesa a questo scopo .

Possa questo mese di novembre trovarci fedeli e generosi nel ricordo dei nostri cari defunti, così come nel pensiero della morte che ci attende, inesorabile: in questo niente di triste per quanto riguarda la nostra fede, perché, come scritto con così giustamente Gustave Thibon: "Se la morte maturasse nelle nostre anime come matura nei nostri corpi, vi andremmo come un fiore che si apre alla luce, e la vita quaggiù, lungi dall'essere oscurata dal suo avvicinarsi, sarebbe già immersa nel suo trasfigurante splendore".