Né scismatici, né scomunicati (5)

Papa Leone XIII
Il sito FSSPX.Attualità ripropone un articolo del 1988 che, divenuto difficilmente reperibile, merita una nuova presentazione. Il testo riprende la constatazione della crisi della Chiesa e della sua gravità, che costringe i fedeli a scegliere tra la fede e l'obbedienza ai nuovi orientamenti ecclesiali.
Il criterio della scelta
Da quanto appena visto, appare chiaro che il criterio impiegato per distinguere tra l'esercizio legittimo dell'autorità e le iniziative "personali" di chi detiene l'autorità non è un criterio soggettivo, ma oggettivo, fornito ad ogni cattolico dalla Tradizione della Chiesa "custode della fede" [1].
— "Non dobbiamo… discostarci dalla primitiva tradizione ecclesiastica, né credere altro che ciò che la Chiesa di Dio ci ha insegnato attraverso la tradizione successiva". [2]
— "La vera sapienza è la dottrina degli Apostoli… che è giunta fino a noi attraverso la successione dei Vescovi". [3]
— "È costante che ogni dottrina conforme a quella delle Chiese apostoliche, madri e fonti primitive della fede, deve essere dichiarata vera, poiché conserva senza alcun dubbio ciò che le Chiese hanno ricevuto dagli Apostoli, dagli Apostoli di Cristo, dal Cristo di Dio... Siamo in comunione con le Chiese apostoliche; nessuno ha una dottrina diversa: questa è la testimonianza della verità". [4]
Perché, se il Magistero istituito da Gesù Cristo è un "magistero vivo", è anche un "magistero perpetuo" [5] che non può contraddire se stesso senza contraddire ciò che la Chiesa ha ricevuto dagli Apostoli, dagli Apostoli di Cristo e dal Cristo di Dio.
Ecumenismo: un attacco all’unità della Chiesa
Poiché l'unità di fede è il "fondamento necessario" dell'"armonia delle volontà" e della "concordanza delle azioni" [6], in una parola, di ogni unità nella Chiesa, ne consegue che ogni volta che la gerarchia esige un'"unità di comunione" o di "governo" in opposizione più o meno grave all'"unità di fede", essa attenta all'unità della Chiesa.
Leone XIII aveva messo in guardia già nel 1899 in Testem benevolentiæ:
"Essi (i vescovi americanisti) sostengono infatti che è opportuno, per guadagnare i cuori dei perduti, tacere su certi punti della dottrina come di minore importanza, o attenuarli fino al punto di non lasciare più loro il significato che la Chiesa ha sempre ritenuto."
"Non c'è bisogno di lunghi discorsi per mostrare quanto sia riprovevole la tendenza di questa concezione... Né dobbiamo credere che non vi sia colpa in questo silenzio con cui cerchiamo di coprire certi principi della dottrina cattolica per avvolgerli nell'oscurità dell'oblio. Poiché tutte queste verità, che formano l'intera dottrina cristiana, hanno un solo Autore e Dottore..."
"Stiamo dunque attenti a non togliere nulla alla dottrina ricevuta da Dio o a tralasciare alcunché, per qualsiasi motivo; perché chi lo facesse tenderebbe piuttosto a separare i cattolici dalla Chiesa che a riportare nella Chiesa coloro che ne sono separati. Lasciateli tornare, perché niente, in verità, ha più importanza per Noi; tutti coloro che si allontanano dall'ovile di Cristo ritornino, ma non per altra via se non quella che Cristo stesso ha indicato."
Ogni commento è superfluo. Leone XIII avverte qui chiaramente che l'ecumenismo irenico mina la purezza e l'integrità della fede e, allo stesso tempo, l'unità di comunione nella Chiesa.
Non c'è bisogno di dimostrare che è proprio questo ecumenismo ad essere propugnato fin dal Vaticano II e che proseguire sulla via "irreversibile" di questo ecumenismo equivale a continuare a compromettere l'integrità e la purezza della fede, come dimostra perfettamente l'iniziativa di Assisi, e quindi a lacerare l'unità nella Chiesa.
Notiamo anche che Leone XIII dice che esso "tenderebbe a separare i cattolici dalla Chiesa", perché, in effetti, nessuno può separare il cattolico dalla Chiesa se non se ne separa egli stesso colpevolmente: il distacco temporaneo e motivato dagli orientamenti della gerarchia non equivale infatti a separarsi dalla Chiesa.
Al contrario. Il Dizionario di Teologia Cattolica scrive: "I teologi medievali, almeno quelli del XIV, XV e XVI secolo, erano attenti a notare che lo scisma è una separazione illegittima (in corsivo nel testo) dall'unità della Chiesa, perché, dicono, potrebbe esserci una separazione legittima, come se qualcuno rifiutasse l'obbedienza al Papa, se quest'ultimo ordinasse di fare qualcosa di cattivo o indebito (Turrecremata, Summa de Ecclesia)".
"La considerazione può sembrare superflua (oggi non lo è) e si può pensare che, come nel caso della scomunica ingiusta, si avrebbe qui una separazione dell'unità puramente esterna e presunta". [7]
1
Leone XIII, enciclica Satis cognitum.
2
Origene, Vetus interpretatio commentariorum in Matth., n° 46, citato, come i due seguenti, in Satis cognitum.
3
Sant'Ireneo, Contra Hæreses, libro IV, cap. XIII, n. 1.
4
Tertulliano, De Præscriptione, cap. XXI.
5
Queste espressioni sono di Leone XIII nell'enciclica citata.
6
Satis cognitum.
7
Dizionario di Teologia Cattolica, alla voce "Scisma", t. XXVII, col. 1302.
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(Fonte: Courrier de Rome/Sì sì no no – FSSPX.Actualités)
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