Roma: una nuova dichiarazione del DDF
Palazzo del Sant'Uffizio
Lunedì 8 aprile 2024, giorno della Festa dell'Annunciazione, rinviata quest'anno, il Dicastero per la Dottrina della Fede (DDF) ha pubblicato la Dichiarazione Dignitas infinita sulla dignità umana, approvata lo scorso 25 marzo da Papa Francesco.
La presentazione che precede la Dichiarazione, firmata dal prefetto del DDF, il cardinale Manuel Victor Fernández, spiega la genesi del testo la cui redazione era decisa da più di cinque anni. Dopo vari progetti, la dichiarazione è stata finalmente approvata nel maggio 2023, ma a novembre il Papa ha chiesto di apportare delle integrazioni prima di accettare la versione attuale.
La prima parte descrive la “progressiva consapevolezza della centralità della dignità umana”. La seconda parte afferma che “la Chiesa annuncia, promuove e garantisce la dignità umana”. La terza parte presenta la dignità come “fondamento dei diritti e dei doveri umani”. Infine, l'ultima parte descrive “alcune gravi violazioni della dignità umana”.
Una nozione sbagliata della dignità umana
La dichiarazione riprende, e la aggrava, la nozione disallineata o squilibrata della dignità umana che era al centro del Concilio Vaticano II, affermata nella Dichiarazione sulla libertà religiosa (Dignitatis humanae). Il Concilio ha parlato della dignità posseduta da “tutti gli uomini, perché sono persone, cioè dotati di ragione e di libera volontà”, dignità chiamata “ontologica”.
Su questa dignità ontologica il Concilio ha fondato la libertà religiosa, che porta a una relativizzazione della fede cattolica riconoscendo un “diritto all’errore” in materia religiosa. Diritto “negativo”, ma pur sempre legge. Questo punto è stato uno dei più combattuti dai vescovi fedeli riuniti nel Coetus internationalis patrum, che vi hanno colto una negazione della regalità di Cristo.
Una distinzione importante
Fin dal primo numero, la Dichiarazione parla di questa dignità come “infinita”, e rileva nel numero successivo che essa è stata proclamata “autorevolmente” nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 10 dicembre 1948.
Al n. 7 il testo presenta una “quadrupla distinzione del concetto di dignità”: ontologica, morale, sociale ed esistenziale. Gli ultimi due elementi sono del tutto casuali, i primi due invece sono essenziali, ed è necessario spiegarli bene.
L'anima umana, creata direttamente da Dio, è da Lui unita ad un corpo: esercita quindi un duplice ruolo. Essa conferisce innanzitutto la natura umana all'individuo creato, che è quindi persona, secondo la celebre definizione di Boezio, citata nella nota 17 del documento. L'anima è così la fonte della dignità ontologica, che è dunque la stessa per tutti gli esseri umani.
In secondo luogo, l'anima è il principio dell'azione umana attraverso le sue facoltà: intelligenza e volontà. Questa azione costituisce l'ambito morale. Quando gli atti umani ci permettono di far fiorire la nostra umanità, indirizzandoci verso il nostro fine che è Dio, si caratterizzano come “buoni”. Quando, al contrario, ce ne allontanano, questi sono atti “cattivi”.
La dignità morale della persona dipende quindi dal suo agire: l'uomo che fa il bene per raggiungere il suo fine ultimo ha una dignità tanto maggiore quanto più ricerca questo fine. Ma chi si allontana dal suo fine e fa il male cade da questa dignità: se ne spoglia.
Questo fatto è riconosciuto a livello naturale nelle società: familiare, sociale o politica. Così, il cittadino che fa il bene viene ricompensato in vari modi: può anche essere dato da esempio con distinzioni – citazioni, medaglie, onorificenze. Ma chi fa il male è punito dalla legge. Queste ricompense e punizioni danno al soggetto ciò che ha meritato – nel bene e nel male – e consentono alla società di difendersi da coloro che la minacciano.
Come il Vaticano II e la Dignitas infinita squilibria la dignità umana
Non si tratta ovviamente di negare la dignità ontologica, tutt'altro. Essa corrisponde alla dignità fondamentale dell'uomo e indica in particolare l'intangibilità della vita umana innocente. Il bambino nel grembo materno, il bambino prima dell'età della discrezione, l'uomo privo di ragione, tutti possiedono questa dignità che esclude ogni attacco.
D'altra parte, per tutti gli altri, per tutti coloro che sono capaci di azione morale, è la dignità morale a diventare primaria, soprattutto agli occhi della società. Perché come è possibile punire una persona dotata di una dignità inalienabile e inviolabile? Non può essere che dal punto di vista di questa dignità morale, che la Dichiarazione riconosce al n. 7.
Ma la nuova dottrina, introducendo uno squilibrio tra i due aspetti della dignità umana, limita l’autorità nelle sue prerogative destinate a proteggere la società e la Chiesa. Così la terza parte sulla “dignità, base dei diritti e dei doveri umani” si concentra sulla dignità ontologica, utilizzando molto parzialmente la dignità morale, senza nemmeno nominarla.
Ciò è caratterizzato da un'errata enfasi sul livello oggettivo (dignità ontologica) trascurando così il livello soggettivo (dignità morale). Ciò si manifesta innanzitutto con la dottrina della libertà religiosa che non consente all'autorità politica cattolica di difendere adeguatamente la fede.
Ciò si manifesta ulteriormente con un cambiamento radicale per quanto riguarda la pena di morte che rientra nell'autorità della Città (lo Stato). Mentre la dottrina cattolica ha sempre accettato e giustificato la pena capitale, ora si afferma che non è più così. Sempre in nome di questa inviolabile dignità ontologica e ignorando l'indegnità morale del colpevole, divenuto un pericolo per la società e i suoi membri.
Dignità infinita?
Va notato, tra l'altro, l'aggravamento di questa dottrina con l'uso del termine “infinito” associato alla dignità ontologica, che non è più nemmeno una deviazione, ma un’aberrazione. Solo Dio è infinito. Anche gli angeli, questi puri spiriti, non hanno dignità infinita.
Dal punto di vista della natura umana, una sola possiede questa dignità infinita: la santa umanità di Cristo unita ipostaticamente al Verbo divino. È possibile aggiungere, in un certo senso, i santi del Cielo che godono della visione beatifica, perché sono associati in questo modo alla dignità stessa di Dio.
Gravi violazioni della dignità umana
La quarta parte affronta “alcune delle numerose e gravi violazioni della dignità umana nel mondo contemporaneo” (n°34): povertà, guerra, migranti, tratta di esseri umani, abusi sessuali, violenza contro le donne, aborto, maternità surrogata, eutanasia e suicidio assistito , lo scarto delle persone disabili, la teoria del genere, il cambiamento di sesso e infine la violenza digitale.
Tutti questi argomenti sono certamente importanti ed è bello vedere ripetute certe condanne, così come leggere argomenti che possono essere utilizzati dai difensori della dottrina cattolica. Resta tuttavia sconcertante constatare il ripetuto appello all'autorità della Dichiarazione universale dei diritti dell'Uomo (nn. 2, 23, 56 e 63), e pensare che solo questa può ispirare agli uomini un vero rispetto per la dignità umana.
È dimenticare per l’ennesima volta che solo la virtù è capace di ispirarci a fare il bene, e che solo la Chiesa ha la capacità di indirizzarci rettamente su questa strada. E anche se qualche bene naturale può essere realizzato in una Città senza Dio, il bene della società non può essere realizzato senza il Regno sociale di Nostro Signore Gesù Cristo.
(Fonti: Saint-Siège – FSSPX.Actualités)
Immagine: Chabe01, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons