Sinodalità, le parole e i fatti

Il Papa a passeggio per il cimitero militare francese di Roma
Il 10 ottobre 2021 papa Francesco ha aperto ufficialmente un Sinodo su "La sinodalità nella Chiesa", il cui lungo iter si svolgerà nell'arco di tre anni. Il 4 novembre, il vaticanista Aldo Maria Valli si chiede, sul suo blog, cosa possa significare questo sinodo - etimologicamente questa "marcia insieme" - dopo aver ascoltato le strane parole del Papa nel cimitero francese di Roma, il 2 novembre.
In questa occasione, infatti, Francesco ha citato un'iscrizione letta sulla tomba di un piccolo cimitero: "Tu che passi, pensa ai tuoi passi, e dei tuoi passi pensa all'ultimo passo", e ha ricordato che "la vita è un cammino" , che "siamo tutti in cammino" e che "faremo tutti un ultimo passo".
Ma ha anche detto: "L’importante è che quell’ultimo passo ci trovi in cammino, non girando in passeggiata; nel cammino della vita e non in un labirinto senza fine. Essere in cammino perché l’ultimo passo ci trovi camminando". Aldo Maria Valli giustamente commenta: "Ora, non occorre essere grandi teologi per vedere che in questa riflessione, per lo meno, manca qualcosa. Manca la meta del cammino."
"Dando per scontato che la vita sia un cammino, la specificità del cristiano è che tale cammino ha una meta, ovvero il paradiso, ovvero la salvezza dell’anima nell’eternità. Una meta che, per essere raggiunta, richiede la conversione a Dio e il rifiuto del peccato. Il Papa però non ha fatto il minimo accenno alla meta, al traguardo."
"Per lui, ha detto, l’importante è che l’ultimo passo ci trovi non saldi in Dio, non in preghiera, non in adorazione, ma “ci trovi camminando”. Per cui risulta che il cammino stesso è l’obiettivo". E il giornalista italiano cerca di fare un'applicazione al sinodo appena aperto:
“Poiché la Chiesa cattolica, proprio su ordine di Francesco, è impegnata in un sinodo sulla sinodalità che mira ad esaltare il cammino e a 'camminare insieme', come se la particolarità della vita cristiana consistesse in questo “camminare insieme” (anche con non cristiani e non cattolici), e non nel tentativo di raggiungere la salvezza distinguendo il vero dal falso, l'omelia pronunciata il 2 novembre assume un sapore particolare. E non un sapore gradevole."
"Viene in mente anche il logo scelto per il sinodo, un’immagine che mostra un gruppo di persone immancabilmente in cammino, e in mezzo alle quali c’è il vescovo (o papa). In mezzo, non alla testa, come dovrebbe essere. Quasi, di nuovo, che la cosa importante sia non l’avere una meta, ma il camminare tutti quanti insieme."
"Da un po’ di tempo la retorica del camminare insieme ha sostituito quella dell’aggiornamento, così come la retorica dell’ascolto ha sostituito quella del dialogo. Infatti oggi non c’è uomo di Chiesa, a partire dai vescovi, che non insista fino alla nausea sull’importanza del camminare insieme e dell’ascoltare. Ma resta sempre inevasa la domanda di fondo: camminare per andare dove? E ascoltare con quale obiettivo?"
"Gesù agli apostoli non ha detto “andate in tutto il mondo per camminare insieme”. Ha detto: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato”." (Mc 16, 15-16)
Sinodi telecomandati
Queste corrette considerazioni sull'attuale retorica romana potrebbero indurre a credere che il sinodo non sappia dove stia andando, che il pontificato stesso sia erratico. A parole forse, ma certamente non nei fatti. È quanto ricorda Sandro Magister sul suo blog Settimo Cielo del 2 novembre:
"Il 10 ottobre Francesco ha messo in moto un mastodontico sinodo sulla sinodalità, come a voler dare per la prima volta la parola all’intero popolo di Dio. Subito però ha fatto sapere – per bocca del segretario generale del sinodo, cardinale Mario Grech – che una volta arrivati al documento finale non è detto che lo si debba votare."
"Alla conta dei voti si ricorrerà solo in casi estremi, “come istanza ultima e non desiderata”. In ogni caso per poi consegnare il documento al papa, che ne farà ciò che vuole."
"Che questa prassi da partito leninista sia la sinodalità vagheggiata da Jorge Mario Bergoglio non è una sorpresa, visto lo sfrenato assolutismo monarchico con cui governa la Chiesa, senza paragoni con i papi che l’hanno preceduto."
La prima prova di questo autoritarismo di Francesco è, secondo Sandro Magister, "è data dal modo con cui Francesco ha pilotato i tre precedenti sinodi e in particolare quello sulla famiglia, stando anche a ciò che candidamente rivelò, a operazione conclusa, il segretario speciale di quell’assise, l’arcivescovo Bruno Forte."
"Era il 2 maggio 2016 e Forte, parlando nel teatro della città di Vasto, riferì così la risposta che gli aveva dato Francesco alla vigilia del sinodo, alla sua domanda su come procedere sulla questione scottante della comunione alle coppie illegittime: “Se parliamo esplicitamente di comunione ai divorziati risposati, questi [cioè i cardinali e vescovi contrari - ndr] non sai che casino ci combinano! Allora non parliamone in modo diretto, tu fai in modo che ci siano le premesse, poi le conclusioni le trarrò io”. Dopo di che Forte commentò, tra i sorrisi del pubblico: “Tipico di un gesuita”."
Il vaticanista romano nota subito dopo: "Mal gliene incolse. Quel dotto arcivescovo che fino ad allora era stato tra i prediletti di papa Francesco ed era avviato a un folgorante coronamento di carriera, da quel giorno cadde in disgrazia. Il papa calò una croce su di lui."
"Non lo chiamò mai più vicino a sé, non gli affidò più alcun ruolo di fiducia, né come consigliere né come esecutore, lo cancellò come suo teologo di riferimento, si guardò bene dal promuoverlo a prefetto della congregazione per la dottrina della fede, oppure a presidente della conferenza episcopale italiana, né tantomeno, lui napoletano di nascita, ad arcivescovo di Napoli e cardinale."

Il libro di Geraldina Boni
Diritto canonico "ridotto in macerie"
La seconda prova del personalissimo governo di Francesco è fornita, ci racconta Sandro Magister, da "un recente volume documentatissimo, con un imponente apparato di note, di Geraldina Boni, docente di diritto canonico ed ecclesiastico all’Università di Bologna, un volume (di libera lettura in rete) che già nel titolo esprime un giudizio severo: “La recente attività normativa ecclesiale: ‘finis terrae’ per lo ‘ius canonicum’?”."
"La professoressa Boni, già nota ai lettori di Settimo Cielo, non appartiene al campo avverso, tutt’altro. È stata nominata nel 2011 da Benedetto XVI consulente del pontificio consiglio per i testi legislativi e ha “elaborato passo passo” questo volume “attraverso un continuo confronto con il professor Giuseppe Dalla Torre”, giurista insigne e fedelissimo alla Chiesa, suo maestro e predecessore all’Università di Bologna nonché presidente dal 1997 al 2019 del tribunale dello Stato della Città del Vaticano, prematuramente scomparso il 3 dicembre 2020 per complicazioni da Covid. A scorrere le pagine di questo libro, il quadro che se ne ricava è di devastazione."
Infatti, l'opera nel suo insieme mostra che sotto il pontificato di Francesco assistiamo a una "quantità abnorme di leggi, decreti, ordinanze, istruzioni, rescritti da lui emanati sulle materie più disparateAbnorme non solo per il numero dei provvedimenti – arrivati in pochi anni a molte decine – ma più ancora per come sta riducendo in macerie l’architettura giuridica della Chiesa". Sandro Magister parla addirittura di una "Babele giuridica creata da papa Francesco".
"Giustizia sommaria"
"Un altro affastellarsi disordinato di norme ha avuto a che fare con la lotta agli abusi sessuali, che cedendo a “pressioni mediatiche davvero ossessive” ha finito col sacrificare “diritti indisponibili quali il rispetto dei capisaldi della legalità penale, dell’irretroattività della legge penale, della presunzione di innocenza e del diritto alla difesa, oltre che del diritto al giusto processo”."
"La professoressa Boni cita a proprio sostegno un altro importante canonista, monsignor Giuseppe Sciacca, segretario del supremo tribunale della segnatura apostolica, la corte suprema vaticana, che anche lui ha denunciato il cedimento in questa materia a “una giustizia sommaria”, se non a “tribunali di fatto speciali, con tutte le conseguenze, gli echi sinistri e le tristi memorie che ciò comporta”."
Sandro Magister aggiunge: "È un disordine normativo che minaccia anche qui di intaccare i capisaldi della fede cattolica, ad esempio quando fa obbligo di denunciare alle autorità dello Stato alcuni delitti contro il sesto comandamento."
"Male formulato e male interpretato, tale obbligo appare difficilmente conciliabile “con i vincoli al segreto che astringono i chierici, taluni dei quali – e non solo quello riconducibile al sigillo sacramentale – assolutamente infrangibili”."
"E questo “in un momento storico peculiare, in cui la riservatezza delle confidenze ai sacerdoti è posta ferocemente sotto assedio in vari ordinamenti secolari, in violazione della libertà religiosa”. I casi dell’Australia, del Cile, del Belgio, della Germania e da ultimo della Francia ne sono una prova."
In definitiva, "volume esamina e critica a fondo numerosi altri atti normativi prodotti dall’attuale pontificato, dalla riforma in corso della curia romana alle nuove regole imposte ai monasteri femminili o alle traduzioni dei libri liturgici."
"In particolare denuncia il ricorso frequentissimo, da parte dell’uno o dell’altro dicastero della curia vaticana, alla “approvazione in forma specifica” del Papa di ogni nuova norma emessa dallo stesso dicastero. "
"Questa clausola, che esclude qualsiasi possibilità di ricorso, è stata usata in passato “davvero raramente, e per casi comunque contrassegnati da massima gravità ed urgenza”. Mentre ora gode di un uso generalizzato, “inducendo un’apparenza di immotivata arbitrarietà e ponendo a repentaglio diritti fondamentali dei fedeli”."
Insomma, una Chiesa nominalmente sinodale e un governo veramente arbitrario.
(Fonti: Aldo Maria Valli/Settimo Cielo – trad. à partir de benoitetmoi et diakonos/DICI n°414 – FSSPX.Actualités)
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