Tra i gesuiti, il Papa fa il portiere
Papa Francesco e il Superiore Generale dei Gesuiti
"La libertà ci spaventa". È con questo titolo evocativo che il direttore de La Civiltà Cattolica ha pubblicato, il 21 settembre 2021, l'intervista che Papa Francesco ha rilasciato, pochi giorni prima, ai gesuiti che erano venuti a incontrarlo nella capitale slovacca.
Una sessione a porte chiuse sapientemente orchestrata, al punto da essere in prima pagina de La Civiltà Cattolica, sito a cui deve fare riferimento lo stesso portale ufficiale di informazione della Santa Sede, per poter raccontare un'esclusiva che non è più sua.
Del resto il Papa non lo nasconde: "l'idea di invitare i gesuiti nei miei viaggi apostolici è di p. Spadaro, p perché così lui ha materiale per fare un articolo per 'La Civiltà Cattolica' che pubblica sempre queste conversazioni!", ammette, con complicità, il romano pontefice.
E aggiunge da buon argentino: "Ecco aspetto le domande. Buttate il pallone al portiere. Dai!"
Le domande, senza dubbio preparate, consentono al successore di Pietro di consegnare direttamente il succo del suo pensiero: in primis, sulle voci che sono circolate sulla sua salute.
"(Io sono) ancora vivo. Nonostante alcuni mi volessero morto", spiega il Sommo Pontefice che aggiunge "So che ci sono stati persino incontri tra prelati, i quali pensavano che il Papa fosse più grave di quel che veniva detto. Preparavano il conclave. Pazienza! Grazie a Dio, sto bene."
Non bisogna essere vaticanisti per valutare l'atmosfera pesante che regna oltretevere, così come i mormorii che si alzano dalle mura leonine.
Viene poi la questione della visione della Chiesa difesa dal successore di Benedetto XVI. Un'occasione di uccidere, in poche frasi scelte, coloro che vedono nella Tradizione una dimensione essenziale per la vita della Chiesa: "Stiamo soffrendo questo oggi nella Chiesa: l’ideologia del tornare indietro. (…) È una forma di colonizzazione ideologica", dice.
Il tono è stabilito, e si sentono ripetute - bis repetita placent - le nozioni di "rigidità" e di "clericalismo", entrambe considerate "perversioni" dello spirito.
Abbiamo capito che amare la Tradizione della Chiesa è una patologia, e ciò non è suscettibile del minimo dibattito, al punto che si potrebbe ribattere al Santo Padre ciò che dichiarerà pochi istanti dopo, all'indirizzo di chi critica lui: "A me, a volte, viene a mancare la pazienza, specialmente quando emettono giudizi senza entrare in un vero dialogo."
Come prevedibile, il pontefice argentino è tornato sulla questione del motu proprio Traditionis Custodes, che gli sta particolarmente a cuore, accogliendo un documento che mette fine all'"automatismo del rito antico", e invitando coloro che lo desiderano celebrare secondo il rito tridentino, "atterrare" e "tornare sulla terra": parole di rara leggerezza teologica…
A un gesuita che gli diceva che "è stata una bellissima esperienza" essere sacerdote operaio, il Papa ha risposto molto brevemente: "lavoro per guadagnarsi il pane… il lavoro manuale o intellettuale è lavoro, è salute". Una risposta che suona come un incoraggiamento per quanto condannato da Papa Pio XII e che ha fatto tanto male ai sacerdoti.
Certo, papa Francesco non ha mancato di tornare a quella che resterà una delle tante illusioni nate morte del suo pontificato, chiamando ad "accogliere, proteggere, promuovere e integrare" i migranti.
"Buttate il pallone al portiere", aveva detto il Romano Pontefice all'inizio della sua intervista. Ma quest'ultimo, pur incoraggiando i suoi fratelli gesuiti, ha distribuito una serie di cartellini rossi, soprattutto a chi non vuole farsi prendere dal vortice del suo progressismo.
(Fonti: Vatican Insider/La Civilta Cattolica – FSSPX.Actualités)
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